Sulla scia di altri istituti centrali, anche la Banca nazionale svizzera (BNS) inasprisce nettamente la sua politica monetaria, in un'ottica di lotta all'inflazione. L'istituto ha innalzato oggi di 0,75 punti il suo tasso guida, portandolo dal -0,25% al +0,50%, mettendo così fine anche a un'epoca di interessi negativi che durava ormai da quasi otto anni.
Contrastare la pressione inflazionistica
Si tratta di contrastare la pressione inflazionistica ancora cresciuta e di ostacolare il propagarsi del rincaro a beni e servizi che finora ne sono stati poco colpiti, spiega la BNS in un comunicato odierno. La banca guidata da Thomas Jordan prepara anche il terreno per il futuro: non è da escludere che si rendano necessari ulteriori rialzi per garantire la stabilità dei prezzi a medio termine, viene affermato. La BNS conferma anche la sua disponibilità ad agire all'occorrenza sul mercato dei cambi. E annuncia che gli averi a vista detenuti dalle banche sui suoi conti saranno remunerati, fino a un dato limite, pure allo 0,5%; al di sopra del limite il tasso sarà di zero.
Già operata una stretta a giugno
La BNS aveva già operato una stretta di 0,5 punti (da -0,75% a -0,25%) lo scorso 16 giugno, quando si era mossa a sorpresa prima della Banca centrale europea (Bce). Questa nel frattempo ha operato due volte, la prima in luglio (+0,5 punti, primo ritocco al rialzo dopo 11 anni) e la seconda a inizio settembre (+0,75 punti), portando il tasso principale all'1,25%. Da parte sua la Federal Reserve americana ha ieri sera deciso un ulteriore rialzo, il quinto del 2022, alzando il costo del denaro di 0,75 punti: il suo tasso di riferimento è ora nella forchetta fra 3% e 3,25%.
Tutti lottano contro l'inflazione
Tutti gli istituti centrali sono chiamati a lottare contro l'inflazione ormai galoppante: in agosto si è attestata all'8,3% negli Stati Uniti (sopra le attese) e al 9,1% (valore record) nell'Eurozona. Nella Confederazione il rincaro risulta inferiore (è pari al 3,5%), ma è ampiamente al di sopra della soglia che la BNS ritiene di stabilità dei prezzi, pari al 2%.
Si chiude l'era degli interessi negativi
Per la Svizzera si chiude quindi - almeno per il momento - l'era degli interessi negativi, una novità introdotta per far fronte al rafforzamento eccessivo del franco. La data di inizio era stata il 18 dicembre 2014, con l'estensione del margine di fluttuazione del Libor a una fascia fra il -0,75% e il +0,25%, un intervallo poi portato al segmento compreso fra -0,25% e -0,75% nel gennaio 2015, dopo l'abolizione del tasso minimo di cambio franco-euro di 1,20. La fascia di fluttuazione del Libor è poi stata sostituita nel giugno 2019 con il tasso guida, fissato a suo tempo al -0,75%. Allora considerati una bizzarria temporanea, i tassi negativi hanno avuto un profondo impatto in vari ambiti, non da ultimo in ambito ipotecario: il volume dei mutui è aumentato ulteriormente e con esso il prezzo delle case e degli appartamenti, creando tensioni sul mercato immobiliare riconosciute dalla stessa BNS. A questo proposito la banca ha detto oggi che continuerà a seguire attentamente gli sviluppi nel comparto.
Cambiate le priorità
Nel frattempo l'istituto guidato da Thomas Jordan non considera più troppo elevato il valore del franco. Secondo gli esperti la priorità ora è cambiata: occorre contenere il rincaro e una valuta forte permette di calmierare i prezzi importati. Naturalmente questo ha un impatto negativo sulle esportazioni, ma l'industria svizzera sembra essersi abituata, nel corso degli anni, a sostenere il fardello monetario. In tal modo l'euro si è ormai stabilmente orientato a un corso inferiore alla parità. E proprio oggi, nel primissimo mattino, il corso è sceso per la prima volta nella storia sotto la soglia psicologica di 0,95 franchi. All'inizio dell'anno la moneta europea costava ancora 1,04 franchi.