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Dazi del 25% su acciaio e alluminio e poi tariffe reciproche. Sono gli ultimi due capitoli della guerra commerciale condotta da Donald Trump contro amici e nemici all'estero. I dazi del 25% firmati ieri dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump sulle importazioni di acciaio e alluminio saranno in vigore dal 12 marzo prossimo: è quanto emerge dall'ordine esecutivo sottoscritto dal presidente. "Ho stabilito che le importazioni di articoli in acciaio da questi Paesi minacciano di compromettere la sicurezza nazionale e ho deciso che è necessario porre fine a questi accordi a partire dal 12 marzo 2025", ha affermato Trump. Il presidente ha emesso un ordine esecutivo separato relativo alle importazioni di alluminio. Trump ha inoltre segnalato che avrebbe preso in considerazione l'imposizione di tariffe aggiuntive su automobili, prodotti farmaceutici e chip per computer. "La produzione di acciaio è una componente importante della nuova età dell'oro promessa da Trump", ha spiegato alla Cnbc uno dei suoi principali consiglieri economici, Kevin Hassett. È uno dei motivi per cui il tycoon ha condiviso anche lo stop di Biden alla vendita di Us Steel ai giapponesi, concordando alla fine un loro investimento ma senza assumerne il controllo.
Paesi colpiti e risparmiati
La misura colpirà in particolare il Canada, principale esportatore di acciaio e alluminio in Usa (con una quota del 25%), il Messico (12%), il Brasile, la Corea del Sud ma non l'Australia, il cui premier Anthony Albanese ha annunciato una esenzione accordata da Trump dopo un colloquio telefonico.
L'Ue si prepara al contrattacco
Per ora resta nel mirino invece la Ue, per la quale gli Stati Uniti sono il maggior mercato per l'export dei due metalli. Bruxelles attende la notifica della mossa, ma Parigi e Berlino hanno già reagito. Il presidente francese Emmanuel Macron ha avvertito che dazi Usa sull'Europa danneggerebbero anche gli Stati Uniti facendo aumentare l'inflazione e ha giurato in un'intervista alla Cnn di essere pronto a un nuovo faccia a faccia con Trump sulle tariffe. "L'Unione Europea è il vostro primo problema? No, non credo. Il vostro primo problema è la Cina, quindi dovreste concentrarvi sul primo problema", ha detto. "L'Unione Europea risponderà ai nuovi dazi", gli ha fatto eco il ministro degli Esteri francese Jean-Noël Barrot. Sulla stessa linea anche il cancelliere tedesco Olaf Scholz: "Lo dico con grande prudenza ma anche con grande chiarezza, come Unione Europea possiamo reagire velocemente ai dazi, se dovesse diventare necessario".
I dazi del "primo" Trump
Trump aveva già introdotto nella sua prima presidenza dazi su acciaio (al 25%) e alluminio (10%) per proteggere la produzione americana da quella che a suo avviso era una concorrenza sleale, favorita dai sussidi statali. Dopo un anno il tycoon li aveva revocati per Canada e Messico, ma ora li rilancia, ignorando il divieto del nuovo accordo commerciale che lega i tre Paesi nordamericani. Poi sarà la volta dei cosiddetti dazi reciproci. "È molto semplice, se loro ci tassano, noi tassiamo loro, allo stesso modo", ha spiegato. In campagna elettorale aveva promesso addirittura una legge in Congresso, il Reciprocal Trade Act, ma nel frattempo procede a colpi di ordini esecutivi.
Nelle scorse settimane, il presidente aveva annunciato dazi del 25% a Canada e Messico su tutte le merci, salvo sospenderli per un mese per gli sforzi dimostrati nella lotta al traffico di fentanyl e clandestini. E del 10% su 525 miliardi di merci della Cina, che ha risposto con dazi del 15% entrati in vigore oggi ma solo su 14 miliardi di beni americani, forse per lasciare spazio ai negoziati.
"La democrazia è sotto attacco"
Nel frattempo, in patria, il tycoon continua a smantellare con Elon Musk l'amministrazione federale, tra polemiche e una raffica di cause legali. La scure di The Donald si abbatte ovunque, dal penny ai board consultivi delle forze armate passando per le cannucce di carta, mentre i democratici lanciano una task force (anche legale) di risposta rapida e una piattaforma per i "whistleblower", le talpe dell'amministrazione (protette per legge, ndr) pronte a denunciare eventuali violazioni da parte di Trump e del doge Musk. Ma gli allarmi continuano: da cinque ex segretari al Tesoro, che ammoniscono sulla "democrazia sotto attacco" dalle colonne del New York Times, a circa 200 ex dirigenti della sicurezza nazionale Usa che hanno lavorato per o con la Cia, che in una lettera ai vertici delle commissioni Intelligence di Camera e Senato esprimono "profonda preoccupazione" per gli esodi incentivati offerti ai funzionari dell'agenzia e mettono in guardia contro "conseguenze terribili". Evocando il rischio di creare un "vuoto di intelligence", di minare le partnership con gli 007 alleati nonché le capacità di contrasto alle minacce di Cina, Russia e Iran.