
Da domani i dazi contro la Cina saliranno al 104%. Lo annuncia la Casa Bianca. A inizio mese Trump ha imposto dazi del 34% contro Pechino, più il 25% di tariffe già in vigore, e ieri aveva avvertito che da domani, 9 aprile, ne avrebbe imposti altri al 50% se la Cina non avesse ritirato le sue misure ritorsive.
Pechino si batterà fino alla fine
Pechino ha assicurato che si batterà fino alla fine e non si piegherà alle tariffe di Donald Trump e gli analisti si interrogano su come potrebbe rispondere al presidente americano. La Cina ha dalla sua parte l'"opzione nucleare" dei Treasury: è il secondo paese straniero che ne ha di più in portafoglio, circa 761 miliardi di dollari, e se dovesse decidere di sbarazzarsene infliggerebbe un duro colpo agli Stati Uniti. Al momento le probabilità che Pechino ricorra a un tale strumento sono limitate perché anche la Cina pagherebbe un prezzo elevato da tale mossa. Ma il solo avere nel proprio arsenale un'arma così potente concede a Pechino una leva potenzialmente importante nelle trattative. Il ministero del Commercio ha avvisato che la Cina non accetterà mai "la natura ricattatoria" dei dazi americani e considera le ultime minacce "un errore dopo un altro". "Se gli Stati Uniti continueranno sulla loro strada, allora Pechino lotterà fino alla fine", ha messo in guardia. Poi è arrivato il primo duro attacco diretto da parte della leadership mandarina: "Si tratta di un tipico atto di unilateralismo, protezionismo e prepotenza economica", ha accusato il premier cinese Li Qiang, che in una telefonata con la presidente del Consiglio Ue Ursula von der Leyen ha anche assicurato che Pechino dispone "di sufficienti strumenti di politica di riserva per tutelarsi del tutto da influenze esterne avverse". Le authority finanziarie cinesi, i gestori dei fondi statali e le imprese collegate allo Stato hanno già cominciato a sostenere i mercati azionari del Paese, mentre le autorità hanno lasciato indebolire lo yuan per rendere più competitivo l'export. Insomma, Pechino non vuole apparire debole e piegarsi all'avversario numero uno, con cui si gioca la sfida per la leadership globale nei prossimi decenni. Tanto da attaccare pesantemente anche Vance per aver detto che "noi prendiamo in prestito soldi dai contadini cinesi per comprare le cose che producono". Un riferimento al fatto che Pechino detiene una grande quantità di titoli del Tesoro USA, che sono una forma di debito, e la domanda cinese di questi titoli aiuta a mantenere bassi i tassi di interesse americani, consentendo agli Stati Uniti di indebitarsi di più a tassi favorevoli. "È sorprendente e triste sentire parole così ignoranti e maleducate da questo vicepresidente", ha commentato il portavoce del ministero degli Esteri cinesi.
Trump ordina accordi commerciali su misura con ogni Paese
Donald Trump apre a negoziati "su misura" sui dazi con "quasi 70 Paesi" in coda per parlare, a partire da Corea del Sud e Giappone. Una mossa che rianima le Borse di tutto il mondo, benché le tariffe resteranno in vigore durante le trattative, come ha avvisato la Casa Bianca. Ma incombono i timori per lo scontro frontale con Pechino, che respinge il "bullismo" economico degli USA, attacca il vicepresidente Jd Vance e risponde colpo su colpo. Lo ha annunciato la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt, sottolineando che tutte le opzioni restano sul tavolo per ciascun Paese. I dazi pesano infatti direttamente anche su Donald Trump. Il presidente americano - secondo i calcoli di Forbes - valeva la scorsa settimana, prima di dare il via alla guerra commerciale, 4,7 miliardi di dollari (4,01 miliardi di franchi al cambio attuale).Ora ne vale 4,2 in seguito al calo dei titoli della Trump Media and Technology Company, che nelle ultime tre sedute ha perso l'8% scivolando ai minimi da ottobre. La sua quota nella società vale due miliardi di dollari rispetto ai 2,2 miliardi di sette giorni fa. Perdite simili hanno colpito l'impero immobiliare di Trump e i suoi campi da golf. "Anche la Cina vuole fare un accordo, ma non sa come farlo partire. Stiamo aspettando la loro chiamata. Accadrà!", ha scritto su Truth il tycoon, che ha fatto scattare il 50% di dazi in più al Dragone come aveva minacciato di fare se Pechino non avesse revocato le sue misure ritorsive al primo round di tariffe USA del 34% (una risposta che il segretario al Tesoro USA Scott Bessent ha definito "un grosso errore"). Difficile ma non impossibile appare anche la partita con l'Ue, che Trump ha accusato di "fregare" commercialmente gli USA mentre Washington paga per la loro difesa. Pure Bruxelles prepara i controdazi, ma nello stesso tempo vuole un negoziato e avanza proposte, benché finora non sembrino sufficienti e il tycoon chiede che l'Europa compri più energia americana per riequilibrare il deficit. Promettono bene invece i primi contatti negoziali con Israele, Giappone e Corea del Sud. Trump ha sbandierato su Truth "l'ottima telefonata" con il presidente ad interim di Seul e la "probabilità di un grande accordo per entrambi i Paesi" dopo aver parlato con lui "del loro enorme e insostenibile surplus, di tariffe, cantieristica navale, acquisto su larga scala di Gnl statunitense, la joint venture in un oleodotto in Alaska e il pagamento per la nostra protezione militare". Il loro team negoziale è già in volo. Resta da capire quale sia il vero obiettivo di Trump, perché eventuali accordi non genereranno gettiti (da utilizzare per il promesso taglio delle tasse) né favoriranno l'auspicata reindustrializzazione del Paese incentivando le aziende straniere a produrre in USA.
I Repubblicani al Senato sollecitano accordi e stop ai dazi
I repubblicani al Senato hanno esortato il rappresentante per il commercio USA Jamieson Greer a negoziare accordi con i leader mondiali, in un'udienza a Capitol Hill, auspicando che la guerra commerciale scatenata dal presidente Donald Trump abbia una fine. Il presidente della commissione Finanze del Senato, Mike Crapo, ha aperto l'udienza incalzando Greer sull'"obiettivo" dell'amministrazione per le sue ampie "tariffe reciproche" e ha affermato di sperare che l'obiettivo sia espandere il commercio e aprire i mercati per gli esportatori americani. Il senatore James Lankford è stato ancora più diretto. "Tutti quelli con cui parlo sono grati che stiamo effettivamente affrontando la questione del deficit commerciale e cercando di abbattere le barriere al commercio", ha detto Lankford a Greer. Ma, ha aggiunto, "vogliono anche avere una tempistica" su quando le tariffe saranno revocate. E ha espresso dubbi su uno degli obiettivi principali di Trump per i nuovi dazi: cancellare i deficit commerciali degli Stati Uniti con i Paesi stranieri. "La maggior parte dei Paesi al mondo non acquisterà mai tanto quanto stiamo acquistando noi", ha detto Lankford.