Nel mirino ora c'è il confine russo. In due settimane, la controffensiva ucraina che ha sbaragliato le difese di Mosca nella regione orientale di Kharkiv ha ripreso una quarantina di insediamenti per tremila chilometri quadrati di territorio. A titolo di paragone, la superficie del Canton Ticino è di 2'812 chilometri quadrati. Per l’Institute for the Study of War, think tank americana che si occupa di analisi di temi bellici, di difesa e di politica estera, il territorio conquistato dagli ucraini nei cinque giorni precedenti al 10 settembre è maggiore rispetto a tutto il territorio conquistato dai russi in tutte le loro operazioni militari da aprile.
Secondo il comandante dell'esercito Valery Zaluzhny, solo una cinquantina di chilometri separano le sue truppe dalla Russia. Fonti ucraine sostenevano tuttavia due giorni fa di avere ripreso anche Velikiy Burluk, a una quindicina di chilometri dal confine russo. Ancora più vicino alla frontiera è Hoptivka, dove afferma di essersi spinta l'avanguardia del 130esimo battaglione. L'esercito ucraino afferma inoltre di avere riconquistato, solo nelle ultime 24 ore, oltre 20 insediamenti che erano stati occupati dai russi. "Le forze ucraine continuano a liberare dagli invasori russi gli insediamenti nelle regioni di Kharkiv e Donetsk", scrive lo Stato Maggiore delle forze armate ucraine.
Gli stessi russi confermano le perdite
Dopo 200 giorni di guerra (caduti ieri), gli invasori sono in rotta. Ammessa la ritirata, definita una "riorganizzazione" strategica per concentrare le forze sul Donbass, la stessa Difesa di Mosca ha mostrato con una mappa di cosa resta nelle sue mani: solo una piccola porzione di territorio a est del fiume Oskil, dopo aver perso molti dei centri principali, da Kupiansk a Izyum, su cui continuano comunque a piovere bombe. La reazione russa si è scatenata poi in serata con una pioggia di raid sulle regioni orientali e di missili Kalibr dal Mar Nero, che hanno causato danni alle infrastrutture e massicci blackout.
Zelensky tira il freno
L'entusiasmo a Kiev però resta palpabile. Nei media, nelle dichiarazioni politiche, sui social. Ma il presidente Volodymyr Zelensky resta cauto. "Mosca - ha avvertito - spera di spezzare la resistenza ucraina in inverno, contando sui problemi di riscaldamento in Ucraina e su un possibile indebolimento del sostegno occidentale a causa dell'aumento dei prezzi dell'energia in Europa". L'esercito cavalca l'onda, spinto dalle immagini del caotico ritiro del nemico.
La situazione
Il sindaco filorusso di Izyum sarebbe scappato già prima dell'assalto, e nella fuga le truppe "hanno lasciato un'enorme quantità di equipaggiamento e munizioni". Anche nel Lugansk Mosca appare in difficoltà. Secondo il governatore Serhiy Gaidai ha già perso Kreminna, presa ad aprile, mentre file di veicoli verso il confine si estendono per chilometri, anche da città catturate nel 2014. Un esodo confermato dai russi. "Nelle ultime 24 ore, migliaia di persone hanno attraversato la frontiera", ha detto il governatore di Belgorod, Viaceslav Gladkov.
Critiche cecene
Disfatta o ritiro calcolato che sia, tra le file di Mosca gli strascichi non mancano. Protagonista è ancora il leader ceceno Ramzan Kadyrov che, dopo aver promesso 1.300 rinforzi sul fronte meridionale di Kherson, parla ora di "altri 10.000 combattenti pronti a partire" per la riscossa, senza però risparmiare dure critiche agli alti comandi militari. "Io, Ramzan Kadyrov, dichiaro ufficialmente che tutte queste città (Izyum, Kupiansk e Balakliya) saranno riconquistate" e "raggiungeremo Odessa nel prossimo futuro", ha minacciato. "Sono stati commessi degli errori. E penso che se ne trarranno delle conclusioni. E se oggi o domani non ci saranno cambiamenti nella strategia nel condurre l'operazione militare speciale - ha poi avvertito -, dovrò andare al ministero della Difesa e alla dirigenza del Paese per spiegare loro la situazione. È una situazione infernale".
Negoziati ancora lontani
Nel frattempo, le parti sono tornate a evocare le trattative, da cui però si dicono lontane. La Russia, ha spiegato il suo ministro degli Esteri Serghei Lavrov, "non rifiuta" i negoziati, ma ci sono "ritardi che complicano il processo". Il consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak ha però ribadito che il suo governo non farà passi indietro sulle richieste, a partire dalla "liberazione di tutti i territori".