Estero
Esplosione nel porto in Iran, 500 feriti e 4 morti
© Shutterstock
© Shutterstock
Ats
8 ore fa
Un'esplosione nel porto iraniano causa quattro morti e oltre 500 feriti, mentre a Oman proseguono i colloqui sul nucleare. Israele si dichiara estraneo. Avviate indagini per chiarire l'accaduto.

Una potente esplosione ha devastato il porto di Bandar Abass, città iraniana sullo strategico Stretto di Hormuz, causando la morte di almeno quattro persone e il ferimento di oltre 500, proprio mentre in Oman si svolgeva il terzo round dei cruciali negoziati Teheran-Washington sul futuro del programma nucleare iraniano.

Israele si dice non coinvolto

La causa dell'esplosione non è chiara e al momento la pista sembrerebbe quella di un incidente ad uno dei depositi. Con Israele che, attraverso dichiarazioni di funzionari ufficiali al notiziario Channel 12, ha prontamente affermato di non essere in alcun modo coinvolto. Una presa di distanza più che mai necessaria, dopo che nel maggio 2020 lo Stato ebraico venne accusato di aver lanciato un grave attacco informatico sullo stesso porto, causando il caos nei trasporti per giorni, attraverso il blocco del sistema informatico della struttura. L'ufficio doganale del porto ha nel frattempo affermato in una dichiarazione diffusa dalla tv di Stato che probabilmente l'esplosione è stata innescata da un incendio scoppiato nel vicino deposito di materiali pericolosi e chimici. E le agenzie petrolifere iraniane Persian Gulf Star e National Iranian Oil Refining and Distribution Company hanno a loro volta diffuso dettagliati comunicati per precisare che non esiste alcun collegamento tra l'esplosione e i loro serbatoi di petrolio, impianti di raffineria, o gli oleodotti della zona.

Avviata l'indagine per scoprire le cause

Nel suo messaggio di condoglianze e solidarietà con le famiglie delle vittime, il presidente Masoud Pezeshkian ha voluto far sapere di aver immediatamente ordinato una approfondita indagine sull'accaduto, e di aver spedito sul posto, ad un migliaio di chilometri a sud di Teheran, il ministro degli Interni, Eskandar Momeni. Nel momento in cui i negoziati sul nucleare dopo il secondo round della settimana scorsa a Roma sembrano essere incanalati su un delicato equilibrio, è fondamentale spazzare il campo da possibili sospetti e tensioni.

Letture diverse sull'incontro avvenuto a Roma

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, parlando a bordo dell'Air Force One, in viaggio verso l'Italia, si è mostrato ottimista, sostenendo che "la situazione con l'Iran sta evolvendo molto bene". Tuttavia ha anche lasciato intendere che l'opzione militare rimane sul tavolo, tornando a paventare in caso di fallimento un attacco congiunto con Israele. "Ci sono persone che vogliono fare un accordo diverso, un accordo molto più sgradevole, e non voglio che questo accada all'Iran", ha ammonito. E in questo quadro, non il ministro degli esteri iraniano Abbas Araghchi mostra cautela affermando, dopo gli incontri di oggi, che rimangono "divergenze sia nelle questioni principali che nei dettagli", dopo che un suo portavoce aveva già voluto pubblicamente chiarire che "la questione delle capacità di difesa e dei missili del Paese non è (all'ordine del giorno) e non è stata sollevata nei colloqui indiretti con gli Stati Uniti". Lettura diversa da parte di un alto funzionario americano, per il quale l'incontro è stato "positivo e costruttivo". I negoziati proseguono. Araghchi e l'emissario di Trump Steve Witkoff si vedranno quindi nuovamente, il 3 maggio, per un nuovo round, il quarto, in cui verranno affrontati "tutti i principi fondamentali, gli obiettivi e le preoccupazioni tecniche".