Guerra in Ucraina
Gli Stati Uniti si spartiscono l'Ucraina, del Pero: "L'Europa con un pugno di mosche"
© Shutterstock - Ticinonews
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5 giorni fa
Conflitto russo-ucraino, i negoziati si avvicinano grazie alla telefonata di Donald Trump al leader russo Vladimir Putin. I due hanno dichiarato di essere pronti per delle trattative. Ma quali le ripercussioni per l'Europa? Ne abbiamo parlato con Mario del Pero, professore di storia e politica statunitense a Sciences Po.

Donald Trump spinge per una soluzione in Ucraina e, dopo la lunga telefonata con il presidente russo Vladimir Putin, ha annunciato di voler "iniziare subito i negoziati" e che intende incontrare il leader del Cremlino in Arabia Saudita. Il presidente statunitense ha dichiarato che la tregua potrebbe avvenire “in un futuro non troppo distante”, ma un'adesione di Kiev alla NATO non sarebbe "realistica". Nel frattempo, Trump ha sentito anche Volodymyr Zelensky. "Apprezzo il suo genuino interesse per come possiamo realizzare insieme una vera pace" ha scritto su X il presidente ucraino. "Abbiamo discusso di molti aspetti, diplomatici, militari ed economici, e il presidente Trump mi ha informato di ciò che Putin gli ha detto" ha poi aggiunto Zelensky. "Crediamo che la forza dell'America, insieme all'Ucraina e a tutti i nostri partner, sia sufficiente a spingere la Russia verso la pace". E in questi possibili e futuri negoziati potrebbe inserirsi anche la Cina, che da informazioni riportate dal Wall Street Journal sembrerebbe voler spingere per avere un suo ruolo di pacificatore. Nelle ultime settimane, infatti, i funzionari cinesi – scrive la testata americana – hanno lanciato la proposta alla squadra del tycoon tramite intermediari di tenere un vertice tra i due leader per facilitare “gli sforzi di mantenimento della pace dopo un'eventuale tregua”. Tuttavia, Washington e Bruxelles guarderebbero alla mossa con scetticismo, dati gli stretti legami vantati dal Dragone con Mosca.

“Il sostegno militare americano all’Ucraina verso il capolinea”

Ma cosa leggere dietro a questa apparente, repentina, accelerazione degli eventi sul fronte ucraino? Siamo davvero davanti a una concreta prospettiva di pace? Se sì, quali sono le condizioni credibili? E poi, chi è il vero vincitore e chi il vero perdente? Domande che abbiamo rivolto a Mario del Pero, professore di storia e politica statunitense a Sciences Po. “È abbastanza evidente che il sostegno economico e militare all'Ucraina da parte degli USA sta arrivando al capolinea. E questo per due ragioni principali”. Del Pero ci ha infatti spiegato che una parte del mondo politico, così come una parte dell'opinione pubblica statunitense, non lo sostiene più. “Da un lato sta arrivando al termine perché c'è un nuovo presidente alla Casa Bianca, che ha delle idee diverse. Dall’altro, perché le illusorie aspettative di una possibile implosione del regime di Putin, o di successi militari ucraini, dopo l'eroica resistenza iniziale di Kiev, non si è realizzata”. Motivazioni, queste, che hanno spinto gli Stati Uniti a decidere di staccare la spina, “ma per farlo c’è bisogno di un accordo, che viene proposto a Putin e poi negoziato da Russia e USA. Sui termini, tuttavia, l’Ucraina – e ancora meno l’Europa – avrà poca voce in capitolo. Quindi quando si parlerà concretamente di come realizzare questi elementi di convergenza, potrebbero esserci dei problemi”.

“Verso una dipendenza dagli USA”

Ma quali sono questi terreni di convergenza? “Per prima cosa ci saranno delle acquisizioni territoriali russe rispetto ai confini precedenti il 2014. Fra questi sicuramente la Crimea, ma anche altre parti dell'Ucraina orientale. In secondo luogo, non vi sarà un ingresso dell'Ucraina nella NATO, quindi non ci sarà una garanzia securitaria atlantica. Ma a questo punto sarà comunque necessario fornire qualche tipo di garanzia di questo tipo all’Ucraina. E io credo che finiranno per darla gli stessi Stati Uniti. Ma lo faranno con una contro partita pesantissima, ovvero con una corsia preferenziale per gli USA al fine di controllare le risorse naturali di cui è ricco il paese”. Cosa ne consegue? “Credo che ne consegua una prospettiva di sovranità abbastanza limitata”, afferma del Pero. “E questo perché, in termini securitari, ci sarà una dipendenza dagli USA, i quali presentano una volatilità politica. Ma una garanzia atlantica è ben altra cosa di una garanzia negoziata bilateralmente con un altro soggetto, ovvero gli USA. Quello che credo si sta delineando è una sovranità limitata in termini di controllo delle proprie risorse”. E per del Pero non è una bella prospettiva, “anche se da studioso cerco di capire come si arriva a tutto ciò, e cosa questo ci dica sul mondo che abbiamo davanti”.

“Se c’è una parte sconfitta è proprio l’Europa”

Ma in tutto questo, l'Europa rimane con un pugno di mosca in mano? “Io credo che se c’è una parte sconfitta, questa è proprio quella europea. Parliamo ormai di un'Europa che sarà appoggiata alle risorse energetiche russe, che negli ultimi anni sono sempre meno disponibili, ma si fatica a trovare fonti di approvvigionamento alternative o comunque a buon mercato”. Si tratta dunque di un’Europa divisa e lacerata, “e questo perché la minaccia è interna. Si tratta di disgregazioni, implosioni e crisi democratica interna piuttosto che di aggressione russa. Più che di Putin dovremmo avere paura della fragilità delle nostre democrazie e del progetto europeo. La guerra in Ucraina, così come la profonda crisi che stanno attraversando Francia e Germania, hanno dato un colpo troppo pesante per pensare al rilancio del progetto europeo. Forse una delle opzioni sul tavolo è che singole questioni, come quella securitaria, con un nucleo ristretto di paesi europei, cerchi di integrarsi e agire di comune intesa”.

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