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Groenlandia e Canada agli Stati Uniti: Provocazioni con dei perché
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Redazione
12 ore fa
Ieri Donald Trump ha tenuto una conferenza stampa nella quale ha tracciato le priorità della sua presidenza. E non ha mancato di tornare a chiedere, come già fece nel 2019, l’annessione della Groenlandia. Una rivendicazione a cui ha aggiunto il canale di Panama e persino il Canada. Ma quali sono le motivazioni di proposte provocatorie come queste?

Dall’annessione delle Hawaii nel 1898, i confini degli Stati Uniti non hanno più visto cambiamenti di rilievo. Il territorio nazionale americano si è costruito progressivamente, dall’Atlantico al Pacifico. Alla base dell’espansione, un’idea, quella del destino manifesto, secondo cui l’estensione del paese da costa a costa sarebbe stata inevitabile, un destino, appunto, concesso da Dio. Per le sue ultime pretese territoriali, Trump non tira in ballo il divino. Il tycoon è tornato a mettere gli occhi sulla Groenlandia. Ieri il figlio Donald junior si è recato sull’isola, dipendente dalla Danimarca. Una visita privata e senza incontri istituzionali. In un locale, Donald junior ha incontrato alcuni groenlandesi muniti di cappellino “Make America Great Again”. Dall’altro capo del telefono, il padre, che ha espresso il suo amore per l’isola e la necessità che questa disponga di sufficiente sicurezza, per sé e per il mondo. Un concetto ribadito nella conferenza stampa di ieri a Mar-a-Lago. "La gente non sa nemmeno se la Danimarca abbia il diritto di detenere la Groenlandia", ha detto senza troppi giri di parole il presidente eletto. "Ma se ce l’ha, dovrebbe rinunciarvi perché noi abbiamo bisogno della Groenlandia per la nostra sicurezza nazionale. Sto parlando di proteggere il mondo libero. Non c’è nemmeno bisogno di un binocolo: quando lì guardi all’esterno vedi passare dappertutto navi cinesi e russe. Non possiamo permetterlo".

Una richiesta già fatta da Truman nel 1946

Troppa presenza russa e cinese a relativa poca distanza dagli Stati Uniti. Trump non è il primo a chiedere la Groenlandia. Per motivi simili lo aveva fatto nel ‘46, in segreto, Harry Truman, con lo scopo di prevenire un eventuale attacco sovietico attraverso l’Artico. Ma nel frattempo è subentrato il cambiamento climatico: lo scioglimento dei ghiacci rende le rotte navali artiche sempre più interessanti e importanti. E inoltre, il sottosuolo groenlandese è ricco di gas, petrolio e soprattutto terre rare, minerali necessari per lo sviluppo tecnologico e di cui oggi dispone soprattutto la Cina. Un sondaggio realizzato in primavera rivela che 6 groenlandesi su 10 sarebbero favorevoli a più collaborazione con Washington, un dato comunque inferiore a quello con Danimarca e Unione europea. Il 44% vorrebbe più collaborazione militare con la NATO, ma solo il 19% la vorrebbe con i soli Stati Uniti. Le autorità della Groenlandia hanno già escluso un matrimonio con Washington, soprattutto ora che l’isola da 60'000 abitanti potrebbe ottenere l’indipendenza da Copenaghen.

Ricorso alla forza militare

Per prendersi la Groenlandia, Trump ieri non ha escluso il ricorso alla forza militare. Lo ha fatto anche con il Canale di Panama, che collega Atlantico e Pacifico. Costruito dagli americani, nel ’99 la gestione fu riconsegnata da Carter allo Stato panamense. "L’accordo era: ci dovete trattare bene. Ma non ci trattano bene. Fanno pagare di più il transito alle nostre navi che a quelle di altri paesi. E ora vogliono il nostro aiuto perché il canale è malridotto, chiedendoci 3 miliardi di dollari per ripararlo. E io dico: perché non chiedete soldi alla Cina, visto che la Cina si sta impossessando del canale?", ha continuato Trump. Società private cinesi controllano due porti del canale e in realtà non ci sono discriminazioni tariffarie contro le navi americane, ma ecco di nuovo – nelle parole di Trump – il timore della crescita dell’influenza cinese nelle Americhe. Ragioni strategiche ed economiche sono alla base anche della pretesa territoriale forse più assurda di Trump: il Canada. Ecco come il presidente eletto, sul suo social Truth, immagina il continente nordamericano. "Perché dovremmo avere un deficit commerciale di 200 miliardi di dollari con il Canada e oltre a questo tante altre cose che diamo loro come sussidi? Io dico: questo va bene solo se sei un nostro Stato, ma se sei un altro paese, non lo vogliamo, non lo vogliamo nemmeno con l’Unione europea". Uno scherzo, forse. Il confine tra provocazione e rivendicazione è labile, e di certo Ottawa, storico alleato, non apprezza. Così come Danimarca, Groenlandia e Panama. Difficilmente però gli Stati Uniti si estenderanno dal confine messicano all’Oceano Artico, ma pressioni politiche ed economiche potrebbero portare questi governi ad accettare nuovi accordi più favorevoli agli Stati Uniti. E forse è proprio questo che Trump vuole.