Estero
I lati (ancora) oscuri del giallo di Avetrana
Redazione
14 anni fa
Dopo tre mesi di indagini sono ancora molti i punti interrogativi intorno alla morte di Sarah Scazzi. Eccoli

A tre mesi dall’omicidio, sono ancora molte le domande senza risposte. Le molteplici versioni di Michele, l’innocenza continuamente gridata da Sabrina, il movente, l’arma del delitto. Una sola cosa purtroppo è certa: Sara non c’è più. “Zio Michè” l’accusatore ambiguo Dal 6 Ottobre, giorno in cui diventa per tutti il mostro di Avetrana, Michele Misseri fornisce agli inquirenti otto versioni diverse, tre delle quali fondamentali. Nel primo interrogatorio, pressato dal Pm Mariano Buccoliero confessa il delitto di Sarah, l’abuso sessuale sul cadavere (mai confermato per le difficoltà incontrate nello svolgere l’autopsia) e l’occultamento. “Vi porto al pozzo” avrebbe confidato agli inquirenti prima di accompagnarli nel luogo dove Sarah era stata “nascosta” per 42 giorni. Passa poco più di una settimana e il 15 Ottobre il “presunto mostro” comincia a insinuare nella mente degli investigatori la sua quasi totale estraneità ai fatti. Chiamando in causa la figlia. Sabrina Misseri. “Mi ha aiutato a strangolarla” avrebbe detto. Ma, un mese dopo, il 5 novembre, il colpo di scena. Michele scarica sulla figlia l’intera responsabilità dell’accaduto, incolpandosi “solamente” di aver occultato il cadavere, gettandolo appunto nel pozzo in contrada Mosca. “Dopo che ho finito di mangiare, mi ha chiamato Sabrina e ha detto: “papà vieni in garage che è successo una cosa” ... quando sono andato in garage c’era Sarah che stava a terra, e aveva la corda attorcigliata al collo ...” la rivelazione fornita agli inquirenti durante l’interrogatorio. Fino all’incidente probatorio del 19 novembre: “è stata Sabrina ad ucciderla ma, è stato un incidente, stavano giocando…”. Il movente: raptus sessuale o gelosia? Tanti dubbi aleggiano su Avetrana. Durante la prima fase delle indagini Michele disse di essere stato colto da un raptus sessuale. Respinto dalla nipotina dopo un palpeggiamento, sotto la minaccia di raccontare tutto alla moglie e alle figlie, Michele raccontò di aver perso la testa e di aver strangolato la ragazzina. Successivamente, dopo aver tirato in ballo Sabrina, il movente diventò la gelosia che, la 22enne avrebbe provato per la cugina, oggetto delle coccole del “bello del paese”, il 27enne Ivano Russo. Ivano, appunto, il ragazzo del quale Sabrina era totalmente “ossessionata”. Una sera, prima di ferragosto, poi successe qualcosa. Sabrina e Ivano si appartano in macchina. In un primo momento lui asseconda le attenzioni di lei. Poi però si tira indietro. “Tengo troppo alla nostra amicizia” la frase lapidaria detta da Ivano. Sabrina, quell’episodio, lo racconta a Sarah. Inizia una girandola di confidenze. Da Sabrina a Sarah, a Claudio Scazzi (il fratello di Sarah) fino ad Ivano che, seccato, si lamenta con Sabrina, pone fine all’amicizia con la Misseri. Forse è questo, alla fine, il vero movente dell’omicidio. Quello che i giudici hanno iniziato a sostenere. L’ora della morte Per ora sola la data è certa. 26 agosto. Per quanto riguarda l’ora è scontro totale tra accusa e difesa. L’intervallo di tempo, nel quale presumibilmente è avvenuto il delitto, si attesta tra le 14.28 (ora in cui Sarah fa lo squillo a Sabrina per avvisarla dell’immediato arrivo in via Deledda) e le 14.35 (Sabrina manda un sms a Mariangela Spagnoletti, l’amica con la quale sarebbero dovute andare al mare quel giorno). Le tesi di accusa e difesa sono discordanti. Per la difesa, in quel breve lasso di tempo, Sabrina non avrebbe mai potuto commettere il “delitto perfetto” e al tempo stesso organizzare una serie di depistaggi, frutto di una mente lucidamente diabolica. Per l’accusa si è trattato di un delitto premeditato organizzato nei minimi dettagli. Depistaggi inclusi. Cosima sapeva? È il dubbio che, forse, più di altri gli inquirenti stanno cercando di risolvere. Cosima Serrano, madre silenziosa di Sabrina e padrona severa (essere mogli è un’altra cosa) di Miche

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