Negli ultimi giorni l’India ha visto aumentare i suoi contagi di circa 350’000 unità ogni giorno, con più di 2’700 morti quotidiani: un record mondiale che sta velocemente facendo impennare la curva epidemiologica del Paese, intasando gli ospedali (che hanno sempre più difficoltà con le scorte di ossigeno) e costringendo nel peggiore dei casi la popolazione a cremare i propri morti per strada, in una situazione che l’Oms ha definito “più che straziante”. Teleticino ha intervistato Sir John Martin Thomas, imprenditore in biotecnologie ed energie rinnovabili di Nuova Delhi, per sapere come si vive questa drammatica situazione dall’interno e dove si possono trovare le responsabilità di questa situazione.
Com’è la situazione che lei vive quotidianamente?
“La situazione è veramente grave. Le infrastrutture mediche sono veramente al collasso: viste certe decisioni del Governo - come quella di continuare le elezioni in uno degli Stati più popolosi, quello del Bengala e di fare campagna elettorale in altri Stati - era solo questione di tempo che questa situazione esplodesse. C’è stato anche il famoso bagno sacro nel Gange dove centinaia di migliaia di persone, da ogni parte dell’India, si sono ammassate senza distanziamento o mascherine”.
Dal punto di vista politico sembra che a volte si sia anche negata l’evidenza...
“È sempre stato così: il Governo attuale è della destra induista, con l’appoggio della maggioranza degli indù: è ovvio che il Governo non farà mai niente contro le festività di questa religione e ovviamente i partecipanti a queste ultime hanno poi esteso il problema in tutta l’India. Al momento il totale dei casi è di circa 18 milioni e i morti sono, per ora, attorno ai 200’000. Se vediamo la situazione dal punto di vista di una popolazione di un miliardo e 300 milioni di persone, in generale la situazione può sembrare preoccupante però se guardiamo alle percentuali si può ancora controllare la situazione”.
Abbiamo parlato di errori politici ma sembra che anche la popolazione stessa non si renda bene conto della problematica. Crede che ora la percezione stia cambiando?
“La percezione sta cambiando sicuramente, la gente si sta rendendo conto che non si può andare avanti in questo modo, però il problema va visto anche dall’altro punto di vista: la maggioranza della popolazione, il 70% della popolazione circa, vive nei villaggi e la maggior parte dei casi avviene nelle città. Noi non sappiamo qual è la situazione nei villaggi perché non arrivano i dati”.
Quali sono le regole presenti al momento a Nuova Delhi?
“Al momento siamo in lockdown da circa due settimane, solo i negozi di prima necessità sono aperti, ma il problema della mancanza di ossigeno ha creato una situazione difficile: visto che non è disponibile negli ospedali le persone escono per cercare l’ossigeno per i propri cari”.
L’India produce però parecchi vaccini, tanto da essere stata ritenuta un modello fino a qualche settimana fa. Ma queste operazioni proseguono davvero?
“In India vengono prodotti due vaccini: AstraZeneca e Covishield. Però al momento stiamo producendo 70 milioni di vaccini al mese e noi abbiamo bisogno di più di 120 milioni al mese per poter continuare a vaccinare a piena forza. C’è un deficit abbastanza notevole, inoltre la politica del Governo indiano di aiutare i “vicini di casa”, esportando vaccini in Nepal, Bangladesh e altri stati, ha creato una mancanza ulteriore. Però queste due società stanno aumentando la produzione e credo che per settembre-ottobre arriveremo a produrre un miliardo di dosi all’anno”.
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