La situazione nel Nagorno-Karabakh rischia di nuovo di precipitare. Sono più di trent'anni anni che, tra sanguinosi combattimenti e fragili tregue, armeni e azeri si contendono a cannonate questo angolo del Caucaso. Una prima tremenda ondata di violenze si registrò tra il 1988 e il 1994, mentre una seconda guerra fu combattuta tre anni fa. In entrambi i casi ci furono migliaia di morti. Ma negli ultimi decenni sono state tante le fiammate che hanno scosso queste valli con il loro strascico di morte e distruzione.
Una lunga storia
Il Nagorno-Karabakh - Artsakh per gli armeni - nel corso dei secoli è stato dominato da varie potenze: dall'impero ottomano a quello russo, dai persiani ai sovietici. Questa regione montuosa è abitata prevalentemente da armeni (circa 120'000 persone) ed è riconosciuta a livello internazionale come parte dell'Azerbaigian, che però ne controlla solo una fetta. Il resto è di fatto governato da una repubblica autoproclamata sostenuta da Erevan. Già dopo la Rivoluzione russa del 1917, Armenia e Azerbaigian si scontrarono per la regione, che divenne poi un territorio autonomo all'interno della repubblica sovietica azera. Ma quando l'Urss cominciò a traballare, e infine crollò, esplose una nuova guerra sanguinosa: i morti furono 30'000 e gli sfollati oltre un milione, soprattutto azeri. Gli armeni presero di fatto il controllo di quasi tutta la regione nonché di alcuni territori circostanti.
La strana posizione della Russia
Nel 2020 però, oltre un quarto di secolo dopo la firma del cessate il fuoco del 1994, il conflitto è riesploso portando le truppe azere a conquistare circa un terzo della regione e le zone limitrofe che erano controllate dagli armeni. Gli scontri sono andati avanti per sei settimane provocando la morte di 6500 persone prima che, a novembre, Mosca riuscisse a mediare un nuovo cessate il fuoco. Nella guerra erano in gioco anche delicati equilibri internazionali. La Turchia è infatti politicamente vicina all'Azerbaigian ed è accusata di appoggiarlo anche militarmente. La Russia invece è in buoni rapporti sia con gli armeni sia con gli azeri, ma ha una base in Armenia e soprattutto è legata a Erevan dall'alleanza militare Csto. Il Nagorno-Karabakh però è considerato ufficialmente territorio azero e Mosca non è intervenuta al fianco delle truppe armene.
Gli ultimi sviluppi
Sulla base dell'accordo di cessate il fuoco, il Cremlino ha inviato 2000 soldati nel Nagorno-Karabakh con l'obiettivo ufficiale di far rispettare la tregua. Ma le tensioni non si sono spente nonostante i colloqui mediati da Usa, Russia e Ue (Parigi, Washington e Mosca presiedono il gruppo di Minsk dell'Osce per una soluzione pacifica). Un anno fa ci sono stati altri combattimenti alla frontiera, dove si stima che siano morte oltre 280 persone. Pochi mesi dopo, l'Azerbaigian è stato accusato di bloccare il corridoio di Lachin - unica via d'accesso al Nagorno-Karabakh dall'Armenia - mentre Erevan chiede il rispetto dei diritti e della sicurezza degli armeni che vivono nei territori contesi. In questo contesto, mentre l'esercito russo combatte nell'invasione dell'Ucraina ordinata dal presidente Vladimir Putin, il premier armeno Nikol Pashinyan ha accusato le truppe di Mosca di non fare abbastanza nella regione, e in un'intervista a Repubblica ha dichiarato che "i peacekeeper russi hanno fallito la loro missione".