Sentenza favorevole a UBS in Francia: la Corte di cassazione ha parzialmente accolto il ricorso presentato dalla banca svizzera contro la condanna (di secondo grado) al pagamento di 1,8 miliardi di euro. L'istituto era accusato di aver aiutato facoltosi clienti a evadere il fisco.
Dossier da riesaminare
I giudici, che erano tenuti a esaminare l'applicazione della legge e non i fatti, avevano tenuto un'udienza sul caso lo scorso 27 settembre. Legalmente UBS deve rispondere di fornitura illecita di servizi finanziari a domicilio ("démarchage") e di riciclaggio aggravato del provento di frode fiscale. La condanna è stata di per sé confermata: ma la Corte di cassazione ritiene che i magistrati d'appello abbiano sbagliato in relazione alle pene inflitte e agli indennizzi per lo stato, sulla base di pretese di diritto civile. UBS rimane quindi colpevole, ma l'istanza precedente deve riesaminare il dossier.
La vicenda
La controversia si trascina ormai da dieci anni: le autorità francesi indagano dal 2013. La grande banca elvetica è accusata di essere andata a caccia di clienti nell'esagono, fra il 2004 e il 2012, per convincerli ad aprire conti in Svizzera non dichiarati alle autorità tributarie. Gli inquirenti hanno stimato che gli averi celati allo sguardo del fisco ammontino a 9,6 miliardi di euro. In prima istanza, nel febbraio 2019, l'istituto allora guidato da Sergio Ermotti (che come noto è tornato sul ponte di comando della società lo scorso 5 aprile, sulla scia del tracollo di Credit Suisse) si era visto infliggere una multa record di 3,7 miliardi di euro, a cui andava aggiunto un risarcimento di 800 milioni di euro, per un ammontare complessivo di 4,5 miliardi di euro. In appello, nel dicembre 2021, la multa era però stata drasticamente ridotta a 3,73 milioni, era stata decisa una confisca di 1 miliardo (di una cauzione già versata di 1,1 miliardi) ed era stato confermato l'indennizzo per lo stato francese, parte civile, pari a 800 milioni. Sommando gli importi si arriva così a 1,8 miliardi di euro, l'equivalente di circa 1,7 miliardi di franchi al cambio odierno. Un importo pur sempre da record in Francia per un caso del genere. La banca ha sempre contestato le accuse. E in passato ha anche proceduto ad accantonamenti per questa vertenza, dapprima per un importo di 450 milioni di euro, corretto poi al rialzo a 1,1 miliardi.
Tutto da rifare
Nell'ambito del nuovo procedimento le carte verranno rimescolate: il tribunale non è obbligato a emettere una sentenza più clemente. Tuttavia, secondo l'esperienza degli esperti, UBS può sperare in un giudizio più favorevole. Questo significa comunque che la questione legale potrebbe rimanere nel limbo ancora a lungo: alcuni analisti di mercato avevano espresso l'opinione che sarebbe stato meglio accettare la sentenza del dicembre 2021 e archiviare il caso, tanto più che ora la banca è impegnata nell'assorbimento di Credit Suisse, operazione che richiede molte energie.
La reazione dei mercati
La borsa ha reagito dapprima con un certo entusiasmo, che è andato poi stemperandosi. Il titolo UBS è partito oggi in modo titubante, poi si è orientato a un rialzo superiore all'1%, che è bruscamente aumentato oltre il 3% - sulla scia di grandi volumi di acquisto - immediatamente dopo la decisione della corte di Parigi. In seguito il valore si è stabilizzato su una progressione di circa il 2% a 22,50 franchi. Il massimo del 2023 (e anche pluriennale) risale al 15 settembre, quando il corso ha toccato 23,80 franchi. La performance da inizio gennaio rimane peraltro di tutto rispetto: è del +28%.
Per una coincidenza di calendario il giudizio della corte d'appello francese è giunto nel giorno della visita di stato in Svizzera di Emmanuel Macron, la prima di un presidente francese dai tempi di François Hollande, nel 2015. La sentenza è stata pronunciata poco dopo le 14.00: pochi minuti prima Macron era atterrato all'aerodromo regionale di Berna-Belp con la moglie Brigitte, accolto dal presidente della Confederazione Alain Berset e dalla consorte Muriel.
Nel frattempo vanno registrate anche le esternazioni di Stéphanie Gibaud, l'ex quadro di UBS in Francia che, con le sue rivelazioni, contribuì a far partire la vasta indagine contro la banca. Oggi muove gravi accuse al governo francese: è stata costretta a collaborare con le autorità, ha affermato in un'intervista pubblicata domenica scorsa dalla NZZ am Sonntag. E la lotta del governo di Parigi contro l'evasione fiscale si è rivelata a posteriori, a suo avviso, una pura mascherata: "Con la campagna contro UBS, il governo ha voluto tenere lontano da sé i propri scandali sul finanziamento illegale del partito". L'allertatrice civica (whistleblower) fa riferimento alla caduta nel 2013 dell'allora ministro del bilancio Jérôme Cahuzac, dopo la scoperta di conti in nero presso UBS e un altro istituto elvetico. In seguito durante il suo processo è emerso che Cahuzac aveva aperto un primo conto non come privato, ma come politico per finanziare il Partito socialista.