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Nel caso degli Stati Uniti, in virtù del loro ruolo di superpotenza mondiale e della loro posizione geografica a cavallo di due oceani, questa tendenza si è manifestata nei confronti del resto del mondo, senza distinzioni. Nel caso della Svizzera, invece, soprattutto nei confronti dei suoi vicini europei. In particolare, a partire dall’inizio del processo di integrazione europea avviato nel secondo dopoguerra da Jean Monet e Robert Schuman, essa si è manifestata nei confronti della Comunità europea, prima, e dell’Unione europea, dopo.
Oggi, sono i negoziati attualmente in corso con l’UE per stabilizzare e sviluppare ulteriormente la via bilaterale a suscitare l’avversione di coloro che, malgrado la storia recente dimostri ampiamente come tale visione sia decisamente opinabile, considerano che il benessere degli ultimi decenni sia caduto dal cielo e che la Svizzera possa essere un’isola magicamente risparmiata dai tumulti del mondo. Nello specifico, le critiche si concentrano su due aspetti. In primo luogo, viene argomentato che, se fosse concluso un accordo, la Svizzera perderebbe una parte sostanziale della sua sovranità. Secondariamente, viene aggiunto che gli attuali negoziati siano in realtà un atto di sottomissione che la Svizzera starebbe accettando passivamente, senza far valere le proprie rivendicazioni e difendere i propri interessi. Tuttavia, ad uno sguardo più attento risultano entrambi fattualmente privi di solide fondamenta.
Per quanto riguarda l’argomento della perdita di sovranità, va ricordato che l’obiettivo primario degli attuali negoziati è garantire anche in futuro, in determinati settori di interesse fondamentali per la salute dell’economia svizzera, un accesso privilegiato al mercato unico europeo. Sarebbe quindi illusorio pretendere di accedervi senza sottostare alle sue regole. Nei settori coperti dagli accordi, come ad esempio l’agricoltura, i trasporti terrestri, la libera circolazione delle persone o il reciproco riconoscimento in materia di valutazione della conformità, la Svizzera sarebbe quindi tenuta ad applicare ed aggiornare regolarmente il suo diritto interno alle normative europee (come d’altronde già avviene). Tuttavia, la democrazia diretta, ed in particolar modo il diritto di iniziativa popolare e di referendum, non sarebbero in alcun modo limitati da un nuovo accordo con l’UE, così come non lo sarebbero l’autonomia legislativa e l’indipendenza dei tribunali svizzeri in tutti gli ambiti non connessi all’accesso al mercato unico.
In merito alla presunta sottomissione e passività della Svizzera nel contesto degli attuali negoziati con l’UE, è invece sufficiente considerare alcuni elementi per rendersi conto del contrario. Infatti, nell’ambito delle discussioni sulle cosiddette questioni istituzionali, il mandato negoziale prevede di ottenere la partecipazione ai futuri sviluppi del diritto dell’UE pertinenti per la Svizzera, il ricorso a un tribunale arbitrale imparziale per risolvere eventuali controversie e, nell’ambito della libera circolazione, la limitazione del diritto di soggiorno alle persone economicamente attive che non dipendono dagli aiuti sociali. Fortunatamente, la Svizzera non manca certo di mezzi di persuasione per accompagnare le sue richieste. In effetti, nel 2023 risultava essere il quarto partner commerciale più importante dell’UE nel commercio di beni, dopo Stati Uniti, Cina e Regno Unito, ed il terzo nel commercio di servizi, dopo Stati Uniti e Regno Unito. Nel 2022, risultava inoltre essere il terzo investitore estero per importanza nell’UE, dopo Stati Uniti e Regno Unito. Al di là del commercio, la Svizzera è anche un asse viario fondamentale nel cuore dell’Europa e svolge un ruolo primordiale per la stabilità della rete elettrica europea, oltre ad essere una delle principali piazze finanziarie a livello mondiale.
Alla luce di quanto esposto finora, sarebbe legittimo domandarsi quale sia la ragione di questa persistente diffidenza nei confronti del nostro partner più importante. Anche in questo caso, la risposta è chiara. La via bilaterale ci ha portato innumerevoli vantaggi. Negli ultimi anni, tuttavia, alcuni effetti della libera circolazione delle persone sono sempre più percepiti dalla popolazione, ma anche da partiti politici tradizionalmente favorevoli all’immigrazione, come un problema. Preoccupazioni legittime, che non vanno assolutamente ignorate. Ma, per trovare delle soluzioni efficaci e durature, è indispensabile mantenere un dialogo aperto e costruttivo con la controparte, anziché imboccare la via dell’isolazionismo con misure che inevitabilmente causeranno un irrigidimento delle posizioni e, a medio-lungo termine, la rottura di relazioni stabili e regolamentate. In una fase dei negoziati con l’UE in cui le divergenze nell’ambito dell’immigrazione e della protezione dei salari restano sostanziali, piuttosto che creare ulteriori divisioni interne, sarebbe auspicabile che tutte le parti coinvolte sostengano gli sforzi del Consiglio federale, dando prova di unità e compattezza.