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Cervello e falsi miti
Redazione
10 anni fa
L'organo più complesso del corpo umano è soggetto a semplificazioni ed equivoci. Ecco tutti i falsi miti sul cervello

E' ancora oggi l'organo più misterioso presente nel nostro corpo. Nonostante ciò la scienza ha raggiunto notevoli traguardi nella conoscenza del cervello umano. E ora bisogna sfatare qualche falso mito, letterario o meno. Perché nel corso degli anni il cervello è stato estremamente semplificato, giungendo a veri e propri equivoci. Vediamo quali.

  • Il cervello non è grigio. Se si guarda un cervello asportato e messo sotto formaldeide avrà un colore tra il grigiastro e il gialloniolo. Ma in vita il cervello presenta ben più colori. Una parte grigia dovuta alla materia grigia c'è. Ma esiste anche la massa bianca, che comprende i fasci di fibre nervose. Senza dimenticare rosso e rosa dovuti ai vasi sanguigni. E anche un po' di nero nella substantia nigra (implicata in determinate funzioni motorie).
  • Usiamo una piccola parte di cervello (circa il 10%). Nulla di più falso. Fu lo psicologo americano William James a definire che l'uomo sfrutta una minima parte del proprio cervello. Ma le tecniche di imaging cerebrale lo hanno smentito evidenziando come invece più aree cerebrali vengano coinvolte insieme anche per le attività più semplici, come dormire.
  • Il cervello umano è il più grande. Anche questo è un falso mito. Vi ricordate quando si sosteneva che il T-Rex fosse un dinosauro stupido in quanto il suo cervello era grande quanto quello di una gallina? Sorpresa: la dimensione del cervello non determina minimamente l'intelligenza. Il cervello umano, nel suo compelsso, pesa circa 1'360 grammi. Più o meno il peso del cervello del delfino. Un capodolio, la cui intelligenza è stabilita minore rispetto al delfino, ha invece un cervello del peso di circa 7'800 grammi. Mentre un altro animale ritenuto estremamente intelligente, l'orango, ha un cervello di circa 370 grammi. Ancora convinti che siano le dimensioni a contare?
  • Se sotto pressione, il cervello lavora meglio. Si tende a dirlo, soprattutto dopo aver terminato un lavoro che non si pensava di finire entro i termini previsti. Ma in realtà lo stress non è un buon alleato del lavoro cerebrale. A piccole dosi può essere un ottimo incentivo motivazionale, ma a lungo andare lo stress porta alla produzione di ormoni che interferiscono con l'abilità cerebrale di assimilare nuove conoscenze. Sotto pressione è inoltre facile terminare un lavoro in maniera troppo sbrigativa, omettendo dati o controlli vari.
  • Ordine a sinistra, creatività a destra. Ennesima semplificazione confusionale. In realtà non è proprio così. Ma andiamo con ordine: nell'Ottocento si scoprì che una lesione cerebrale in un determinato emisfero causava la perdita di determinate abilità. Da qui la convinzione che l'emisfero destro fosse adibito alla creatività e l'emisfero sinistro all'ordine. La verità è però un'altra. Grazie a tecniche di imaging cerebrale e studi condotti in tempi più moderni, si è scoperto che i due emisferi sono strettamente collegati tra loro. E che tutte le attività (matematiche, di disegno, di progettazione, eccetera) coinvolgono il cervello nel suo insieme.
  • Mozart rende più intelligenti. Non è vero. Una curiosa ricerca del 1993 sostenne che bastavano 10 minuti di Sonata per vedere aumentata la propria intelligenza. Ma quello che venne definito 'Effetto Mozart' in realtà non esiste. La musica (qualunque musica) è però in grado di riportare alla mente i ricordi felici.
  • L'alcol brucia i neuroni. Assolutamente no. L'alcol può danneggiare la parte terminale del neurone, i dendriti. Ma non uccidere il neurone. Tramite il danneggiamento dei dendriti l'alcol può alterare la trasmissione del segnale nervoso. Ma è un effetto transitorio. Per i bevitori incalliti il discorso è più complesso. Questi possono imbattersi nella sindrome di Korsakoff, che determina un deficit di memoria associato a un deterioramento neuronale. Ma a deteriorare i neuroni non è l'acolo in modo diretto, bensì in modo indiretto. L'alcol può infatti interferire con l'assimilazione da parte dell'organismo di una vitamina, la tiamina. E' la carenza di questa vitamina a provocare il deterioramento dei neuroni.
  • Una lesione cerebrale è per sempre. E' abbastanza comune pensare alla lesione cerebrale come una compromissione permanente delle facoltà cerebrali. Ma non è affatto così. Ci sono lesioni minori, come la commozione cerebrale, da cui il cervello si riprende in tempi brevi. Entra poi in gioco la plasticità cerebrale. Un meccanismo che permette al cervello di formare nuove sinapsi e trovare nuovi percorsi neuronali in caso i vecchi vengano compromessi.
  • Dopo i 40 anni è tutto in declino. Fortunatamente anche questa è una semplificazione. Non è così. E' da una parte vero che determinate facoltà vanno incontro a declino, come l'apprendimento di nuove lingue, o tenere a mente lunghe sequenze di numeri. Ma è anche vero che altre facoltà - presupponendo in un invecchiamento normale e non patologico - vengono rafforzate. Si avrà comunque un miglioramento delle funzioni linguistiche dovuto all'esperienza. Si avrà maggiore abilità nell'appianare i conflitti sociali. Sarà più facile regolare le proprie emozioni. E si avrà - sempre in base all'esperienza - maggiore abilità nel giudicare le persone.
  • Ogni area cerebrale ha un suo compito preciso. Niente affatto. E' vero che esiste una struttura di aree cui sono associate determinate abilità. Ma come detto in precedenza il cervello è un organo plastico, e ogni attività comprende la comunicazione di più aree. Inoltre se di punto in bianco decidiamo, per esempio, di iniziare a suonare uno strumento, le connessioni delle nostre aree cerebrali verranno modellate e strutturate proprio per consentirci i giusti movimenti per quello strumento. Non solo, se ogni area del cervello dovesse svolgere solo ed esclusivamente quel compito, persone con determinati difetti come i non vedenti avrebbero intere aree cerebrali inutilizzate. E invece non è così. Le aree normalemnte dedicate all'attività visiva finiranno col diventare - per esempio - aree di ascolto in un soggetto non vedente.
  • La memoria si allena. Non proprio. Se per esempio intendiamo allenare la memoria con giochi di enigmistica, non succederà in realtà nulla. La memoria non è come un muscolo cui basta ripetere giorno dopo giorno gli stessi esercizi per vederlo così potenziato. E' invece diverso il discorso con un obiettivo ben preciso in mente, e quindi un traguardo da raggiungere. Se per esempio ci alleniamo per un discorso in pubblico, il tempo speso per quell'allenamento sarà direttamente proporzionale ai risultati raggiunti.
  • La memoria è un ottimo registratore. Sarebbe bello, ma non è così. La memoria è tutto tranne che infallibile. Un ricordo può essere alterato da successivi o precedenti ricordi. Anche lo stato d'animo e le emozioni associate a quel ricordo possono plasmarlo rendendolo così non corrispondente alla reale esperienza vissuta. Il modo in cui il ricordo viene rievocato alla mente può anche alterare il ricordo stesso.
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