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"Il profilo del mafioso si è evoluto anche sul fronte tecnologico"
Redazione
3 giorni fa
Il libro "Mafia Digitale.ch" di Francesco Lepori esplora l'uso della tecnologia da parte delle organizzazioni criminali italiane in Svizzera, analizzando comunicazioni criptate, social network e criptovalute. L'evoluzione dell'uso della tecnologia da parte delle mafie e l'importanza dei facilitatori professionisti nel supporto alle cosche.

Il giornalista RSI e responsabile dell’osservatorio ticinese sulla criminalità organizzata Francesco Lepori ha pubblicato il suo nuovo libro, intitolato "Mafia Digitale.ch". Un volume diviso in tre capitoli che parla dell'uso che le organizzazioni criminali italiane fanno della tecnologia quando si muovono in Svizzera. “Il primo è dedicato alla comunicazione chiusa”, ci spiega Lepori, “quindi a quegli apparecchi, a cominciare dai telefoni criptati, che vengono utilizzati per scambiarsi informazioni a riparo da orecchie indiscrete”. Il secondo si concentra poi sulla comunicazione aperta, “quindi sull'uso che anche le mafie fanno dei social network, quando invece decidono di manifestarsi. Infine, il terzo capitolo si intitola ‘tecnologia e affari’, ovvero su tutti gli strumenti – come le criptovalute – che permettono di compiere operazioni illecite anche da parte delle mafie italiane, come ormai più inchieste hanno dimostrato”.

Lo studio

Lo studio parte da un uso sistematico del materiale giudiziario a disposizione. “Mi è sembrato importante, a maggior ragione se parliamo di Svizzera, perché questo permette di ribadire quanto, purtroppo, le cosche italiane siano presenti ormai da tempo anche sul nostro territorio”. Ma passiamo in rassegna i tre capitoli.

Una comunicazione chiusa

Il primo capitolo, lo abbiamo detto, parla di comunicazione chiusa, ovvero segreta. Ma cosa usano per comunicare? “Bisogna partire da un po’ più lontano”, precisa il responsabile dell’Osservatorio. “Il linguaggio mafioso è sempre stato fortemente criptico. Penso al lessico in codice, già studiato agli inizi del '900, così come a frasi fortemente allusive e – più in generale – a un'informazione che circola volutamente in maniera frammentata, sia all'interno che all'esterno dei gruppi”. Lepori ha poi citato la celebre frase di Tommaso Buscetta, che definì Cosa Nostra il ‘regno dei discorsi incompleti’. “Tutto questo in un conteso considerato sicuro e dal forte valore simbolico, quindi battesimi, matrimoni, eccetera, che non sono dei semplici retaggi folkloristici, bensì dei rituali usati per rafforzare il senso di appartenenza in cui si prendono decisioni strategiche, cementando al tempo stesso il gruppo. Lo abbiamo visto anche in Svizzera, per esempio nell'ambito dell'operazione ‘Cavalli di Razza’. Era il 2020 quando gli inquirenti riuscirono a monitorare in tempo reale un pasto conviviale (nel gergo mangiata) di una cellula della 'ndrangheta organizzata in un orto a Winterthur”. Per Lepori non è quindi una sorpresa che lo sviluppo tecnologico abbia garantito nuove possibilità, a cominciare da quelle offerte dai criptofonini, che sono dei cellulari modificati sia nell'hardware, sia nel software, e che grazie alla loro elevata schermatura criptografica, riescono a rimanere impenetrabili. Lepori ci ha quindi spiegato che, come ogni apparecchio, anche questo ha subìto delle evoluzioni nel corso del tempo. “Un esempio è quello del Blackberry a inizio 2000, che era bruttissimo, ma efficace perché rappresentava una sorta di via di mezzo tra il cellulare classico e l'attuale smartphone. Poi con la diffusione su larga scala della criptografia c'è stato il salto di qualità”. Inoltre, nel tempo hanno imparato a usare più sistemi contemporaneamente. Per quanto riguarda le chat, “il linguaggio è esplicito e genuino, perché ci si sente al sicuro. Circolano addirittura le foto della merca da scambiare. Quindi se si riesce a scardinare questi sistemi, ecco che è possibile mettere mano a del materiale prezioso”.

Decriptazione delle chat

Ma cosa ci ha permesso di capire la decriptazione delle chat? “Le fattispecie legate alla Svizzera erano note, così come il traffico di droga in entrata e uscita, quello di armi verso l'Italia, i reati finanziari e l'uso del territorio per sfuggire alle autorità estere. Con la decriptazione delle chat si è ottenuta una foto più nitida del fenomeno. E questo sotto almeno due aspetti.  Il primo è quello dell'ordine di grandezza dei traffici, che in precedenza, era solo ipotizzabile. Il secondo, la mappa precisa dei legami esistenti tra i vari attori attivi sul territorio nazionale e internazionale. Ancora una volta, ‘Cavalli di Razza’ ha fatto scuola, da quelle indagini è emerso addirittura un traffico di esplosivi sul nostro territorio”.

La tentazione dei social

Una cosa a cui non sanno però resistere nemmeno i membri delle criminalità organizzate è la tentazione dei social. Ogni tanto qualcuno ci casca e sente il bisogno di pubblicare le sue foto, facendoci magari scoprire che l’amico che andava a funghi e postava su Facebook era in realtà un criminale. “La segretezza rappresenta da sempre una componente essenziale delle mafie, ma che, se necessario, sanno anche manifestarsi. Soprattutto se si muovono all'estero, dove hanno bisogno di tessere e contatti per avviare e gestire le loro attività”. E come si manifestano? “Nel '900 lo facevano attraverso quei tratti distintivi che il cinema e la letteratura hanno poi consegnato all'immaginario collettivo. Quindi le pose, un determinato abbigliamento e linguaggio. Raffigurazioni che tra l'altro hanno a loro volta influenzato il comportamento dei mafiosi stessi. Ma oggi non è più così, o perlomeno non si limita a questo”. È infatti il mafioso stesso ad autorappresentarsi, sfruttando il palcoscenico dei social. “E si vede molto bene come negli anni le mafie abbiano imparato a occupare la rete alla stessa stregua di un qualsiasi altro territorio”.  Come?  “Ostentando potere e ricchezza, attraverso quei canoni dell'estetica criminale che conosciamo: le auto di lusso, le banconote svolazzanti, le ragazze strepitose, i locali alla moda e vestiti firmati. Io ho provato ad applicare questi schemi interpretativi ai profili social di alcuni mafiosi attivi in Svizzera, in particolare quegli arrestati con l'operazione ‘Imponimento’, che nel 2020 ha colpito la mafia di Philadelphia e le sue ramificazioni da noi.

Dai soldi classici alle criptovalute

L’ ultimo capito riguarda infine i soldi, che ad oggi sono anche criptovalute. “La finanza digitale è la nuova frontiera delle organizzazioni criminali, basti pensare all'uso che può essere fatto delle criptovalute per riciclare il denaro sporco. Ancora una volta, questo lo si vede molto bene. Come dire che il profilo del mafioso nel tempo si è evoluto anche sul fronte tecnologico. Attenzione però a non attribuire al mafioso 2.0, più competenze di quanto in realtà non ne abbia. Le sue conoscenze sono comunque limitate. Da qui l'importanza dei facilitatori, quei professionisti pronti ad offrire i loro servizi alle cosche mafiose. Fino a qualche anno fa si parlava solo di avvocati, fiduciari e consulenti, adesso sono entrati anche gli hacker che tra l'altro, è possibile assoldare anche sul dark web, pagandoli in criptovalute. Nel dark web di trova davvero di tutto, compresi esperti in informatica e i manuali di istruzione”, ha concluso Lepori.