Salute
Johnson&Johnson, stop a produzione talco per bambini
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Ginevra Benzi
2 anni fa
Il prodotto in questione “provoca tumori” in quanto conterrebbe amianto. Nel 2021 la Corte Suprema statunitense aveva condannato l’azienda a risarcire più di 2 miliardi di dollari.

Dal 2023, la produzione di talco per bambini Johnson&Johnson giungerà al capolinea. Una decisione presa dall’azienda stessa a seguito di oltre 40mila azioni legali che accusano il prodotto in questione di contenere amianto e di conseguenza causare tumori. Lo riporta Il Messaggero, dove viene spiegato che l’azienda nega le accuse e continua a ritenere il suo borotalco sicuro. Tuttavia, J&J ha già annunciato che la polvere di talco verrà sostituita con un'altra a base di amido di mais, già presente sul mercato statunitense e canadese.

L’annuncio

«Continuiamo a valutare e ottimizzare il nostro portafoglio per essere meglio posizionati per la crescita di lungo termine, Questa transizione aiuterà a semplificare la nostra offerta di prodotti», ha affermato la società. Una spiegazione giunta in una breve nota, dove la società affermava di aver preso una “decisione commerciale” al fine di sostituire il talco con l’amido di mais in questo prodotto per gli infanti, ma solo dopo aver ricevuto le decine di migliaia di cause legali che collegavano il suo impiego a lungo termine allo sviluppo del cancro.

Un risarcimento miliardario

Le prime informazioni che facevano intendere che J&J sapeva già da decenni la presenza di amianto nel prodotto sono arrivate a fine 2018. Da quel momento, J&J ha dovuto affrontare migliaia di cause legali, dove l’azienda veniva accusata di aver contribuito allo sviluppo del cancro ovarico nelle consumatrici. Lo scorso anno, la Corte Suprema degli USA ha condannato J&J a risarcire 2,12 miliardi di dollari in una sentenza a favore di 22 donne che sostenevano di essersi ammalate di cancro dopo aver usato il talco. Ma questa decisione è dovuta non solo dalle cause milionarie, ma anche da altri problemi legali: l’azienda era infatti stata condannata a pagare milioni di dollari a diversi Stati, unitamente ad altri grandi distributori di farmaci, responsabili della crisi degli oppioidi.