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"L'indignazione è uno dei motori delle fake news sui social"
©Chiara Zocchetti
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Keystone-ats
un mese fa
Stando a una ricerca che ha esaminato oltre un milione di link condivisi su Facebook e oltre 44mila tweet, oltre all'indignazione, a dare un'ulteriore spinta alla condivisione di queste notizie sono gli algoritmi usati dalle piattaforme.

L'indignazione è fra i principali motori che favoriscono la diffusione delle fake news sui social network: i post che veicolano disinformazione suscitano infatti più indignazione morale rispetto a quelli con informazioni attendibili e le persone tendono a condividerli senza neppure averli letti. Lo dimostra uno studio statunitense guidato dalla Princeton University e pubblicato su Science.

La ricerca

I ricercatori hanno preso in esame oltre un milione di link condivisi su Facebook e più di 44'000 tweet di 24'000 utenti di Twitter (oggi X) per cercare di capire come la circolazione delle informazioni viene condizionata dal sentimento dell'indignazione, quel mix di rabbia e disgusto che viene innescato dalla percezione di trasgressioni morali. Inoltre, hanno condotto due esperimenti comportamentali che hanno coinvolto 1475 partecipanti.

Una spinta data da indignazione e algoritmi

I dati raccolti dimostrano che le fonti di disinformazione suscitano più indignazione rispetto alle fonti affidabili e lo sdegno facilita la condivisione di bufale almeno tanto quanto quella di notizie attendibili. Gli utenti sono più propensi a condividere disinformazione che suscita indignazione senza neppure leggerla: per questo motivo è tutto sommato inutile raccomandare la verifica delle fonti per mitigare la diffusione della disinformazione. Le persone possono condividere fake news senza verificarne l'accuratezza perché la condivisione è un modo per segnalare la propria posizione morale o l'appartenenza a determinati gruppi. A dare un'ulteriore spinta alla disinformazione sono poi gli algoritmi usati dalle piattaforme per classificare i contenuti da mostrare agli utenti. "Dato che l'indignazione è associata a un maggiore coinvolgimento online - osservano i ricercatori - la disinformazione che suscita indignazione potrebbe diffondersi di più in parte a causa dell'amplificazione algoritmica" che premia i contenuti più coinvolgenti. "Questo è importante perché gli algoritmi possono classificare meglio le notizie associate all'indignazione, anche se un utente intendeva esprimere sdegno nei confronti dell'articolo per il fatto che conteneva disinformazione".