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Mentre continua l'atteso balletto di cifre sulla probabilità che l'asteroide 2024 YR4 possa colpire la Terra nel 2032 (con l'ultimo bollettino della NASA che ha rialzato come previsto il rischio, stimandolo al 2,3%), fervono i preparativi per il primo ciclo di osservazioni che sarà condotto dal telescopio spaziale James Webb all'inizio di marzo, con l'obiettivo di definire meglio le dimensioni del sasso cosmico. La stima attuale, compresa tra i 40 e i 90 metri, non è cambiata molto da quando l'asteroide è stato scoperto nel dicembre 2024: questo perché finora gli astronomi hanno potuto studiare l'asteroide solo tramite la luce visibile che riflette dal Sole. In generale, più l'asteroide è luminoso, più è grande, ma questa relazione dipende fortemente da quanto è riflettente la sua superficie: 2024 YR4 potrebbe essere largo 40 metri e riflettere molta luce, oppure potrebbe essere largo 90 metri e riflettere poca luce.
Luce infrarossa
Il telescopio Webb, gestito dalle agenzie spaziali di Europa, Stati Uniti e Canada, potrebbe fornire dati più precisi studiando la luce infrarossa emessa dall'asteroide grazie allo strumento Miri. Le osservazioni effettuate con lo strumento NIRCam di Webb integreranno i dati termici di Miri e forniranno anche ulteriori misurazioni della posizione dell'asteroide una volta che sarà fuori dalla portata dei telescopi terrestri. Il primo ciclo di osservazioni è previsto all'inizio di marzo, proprio quando l'asteroide diventerà osservabile da Webb e sarà al massimo della sua luminosità. Un secondo ciclo di osservazioni verrà condotto a maggio per capire come sarà cambiata la temperatura di 2024 YR4 durante il suo allontanamento dal Sole e per fornire le misurazioni finali dell'orbita dell'asteroide prima che scompaia definitivamente dalla nostra vista fino al 2028.
Impatto? "Effetti su scala locale"
Al momento, osserva l'Agenzia spaziale europea, "la possibilità di impatto è molto ridotta e l'asteroide è piuttosto piccolo tanto che gli effetti di un potenziale impatto sarebbero su scala locale, ma la situazione è abbastanza significativa da giustificare l'attenzione della comunità globale di difesa planetaria". Secondo le stime degli esperti, l'eventuale impatto potrebbe avvenire lungo un corridoio di rischio che attraversa l'Oceano Pacifico orientale, la parte settentrionale del Sud America, l'Oceano Atlantico, l'Africa, il Mar Arabico e l'Asia meridionale.