Un disegno fatto da un bambino, con linee arancioni che ricordano in tutto e per tutto il volto di una persona felice, ma che al contempo sembra chiedere aiuto. “È una dicotomia che mi ha sempre accompagnato nella vita: il sorridere avendo però i propri mostri nella testa”. Parole con cui il rapper ticinese Mattak ci ha spiegato il significato della copertina del suo nuovo album “Overt”, uscito proprio oggi allo scoccare della mezzanotte. “È un disegno che ho fatto io quando avevo tre anni ed è sempre stato appeso nel corridoio di casa. Guardandolo mi è sembrata una scelta artistica e ho deciso di usarlo come copertina. Per quanto riguarda il disco posso dire che è nato in seguito a uno shock emotivo, una brutta esperienza, che mi ha svegliato e dato un sacco di lucidità”.
“Overt”: un titolo, due significati
‘Overt’ significa esplicito, evidente, quindi che non ha bisogno di spiegazioni “ed è un po’ il viaggio del disco, perché ho voluto essere onesto al 100%, sia con me stesso che con gli altri in quanto ammetto di non esserlo sempre stato. Nel primo disco non mi sono raccontato come in questo, più intimo e in cui mi racconto molto”. Ma ‘Overt’ rappresenta anche uno dei due narcisismi patologici che esistono in psicologia e “ho quindi deciso di chiamare così il mio album anche per il fatto che, purtroppo, ho avuto una brutta esperienza con una persona che soffre di questo disturbo e la ritengo la peggiore psicopatologia con cui abbia mai avuto a che fare nella mia vita”.
Hai un pezzo preferito nel tuo album?
“Direi di no, quando faccio gli album ogni pezzo deve avere lo stesso valore per me, quindi è un percorso unico”. Anche se all’interno dell’album ogni canzone ha la stessa importanza, Mattak ammette comunque di essere “molto fiero di aver collaborato con gli artisti Guè Pequeno, Silent Bob e Nayt: sono featuring di grosso calibro, io li stimo molto e so che loro stimano me e penso che insieme siamo riusciti a fare della bella musica”. Oggigiorno, per Mattak, fare della musica considerata “bella” non è evidente, in quanto “si fanno tante collaborazioni, ma quasi solo per hype o per accontentare il pubblico, e non per fare musica veramente. Cosa che invece ho fatto io, perciò sono contento che siano uscite queste canzoni”.
Aprirai il concerto di Madame al Lac, com’è successo?
“Sono stato contattato direttamente dal Lac e sono molto felice in quanto stimo molto Madame e sarà un grosso evento. Inoltre, non ho mai suonato lì, quindi sono ancora più emozionato ed elettrizzato. Ovviamente porterò il mio nuovo disco in modo da farlo conoscere il più possibile”.
Non solo palchi ticinesi...
“Sono stati l’impegno e la passione per quello che faccio a portarmi dove sono ora, senza neanche troppa pressione. Mi sono sempre preso i miei comodi, perché non l’ho mai visto come un lavoro, ma come una passione. Ora che sta diventando a tutti gli effetti un lavoro è difficile fare quel passo che ti obbliga ad avere una certa costanza e un certo ritmo, anche perché io lavoro con l’ispirazione e decide lei quando arrivare. Non è quindi sempre semplice attenersi ai ritmi del mercato odierno, sempre più saturo e con nuove uscite settimanali. È importante essere presenti sennò la gente si dimentica di te”. Anche se pienamente soddisfatto, Mattak sostiene di non sentirsi ancora arrivato, “non so dove posso arrivare, ma so che non ci sono ancora, anche se il mio percorso mi sta dando soddisfazioni. Cercherò di essere sempre più costante, cosa che fino ad ora è avvenuta poco”. Un successo nato senza degli obiettivi prefissati, “io l’ho fatto perché ne sentivo e ne sento la necessità, poi la gente ha iniziato ad ascoltarmi in Ticino e piano piano anche in Italia”.
Uno svizzero sulla scena italiana: come l’hanno presa?
“Diciamo che in Italia mi sto facendo spazio a gomitate: alcuni mi conoscono da tempo, mentre altri mi stanno scoprendo ora. Secondo me è bello rappresentare la Svizzera in Italia, perché è una cosa speciale, un concetto che mi piace. Io ad esempio ascolto tanto rap francese e ci sono dei rapper belgi che sono molto attivi in Francia, così come quelli canadesi. Quindi ho sempre sognato questa sorta di unione, anche perché in Ticino si parla italiano e avere un artista rossocrociato in Italia creerebbe una scena italofona, e non più solo italiana. Mi sono quindi detto che ci avrei dovuto pensare io: ho quindi sbloccato la situazione e sto cercando di unire queste due nazioni dal punto di vista musicale”.
Quali le sfide principali?
“La cosa più difficile è attenersi ai ritmi del mercato, che sono sempre più veloci e si fatica a starci dietro. A questo va aggiunta l’ispirazione, che purtroppo non sempre arriva; quindi devi trovare un compromesso tra questa, ritmi di produzione e contenuti reali, perché se si sforza la scrittura non esce mai niente di buono secondo me. Ovviamente le mie esperienze di vita mi danno ottimi spunti da raccontare, quindi sto cercando di vivere il più possibile per poter avere un ritmo decente di produzione onesta”. Per il futuro l’obiettivo è quello di continuare a fare musica, “infatti ho un tour che parte il 9 giugno in Italia: andrò a Cosenza, Novara, Rimini, Bologna, Reggio Emilia, Brescia, Vicenza e Terni. Poi in Svizzera farò due concerti, uno a Lugano e uno a Locarno”. Per un futuro più a lungo termine “vedremo come recepisce il pubblico questo nuovo disco e vediamo cosa succede”.