
Fondati nel 1963 dal tastierista Bebbe Carletti e dal cantante Augusto Daolio, i Nomadi sono tra le band più longeve sia a livello italiano che mondiale, la loro discografia vanta più di 30 album in studio e la loro storia può essere definita più unica che rara. Il 27 ottobre 2017 hanno pubblicato un nuovo disco dal titolo Nomadi dentro che, oltre a raccontare un po’ tutti gli oltre 50 anni di carriera della band, è anche il debutto per il nuovo cantante Yuri Cilloni. La formazione si esibirà al Palazzo dei Congressi di Lugano il prossimo 24 febbraio e abbiamo colto l’occasione per scambiare quattro chiacchiere con il fondatore e tastierista storico della band Bebbe Carletti.
Nomadi dentro è il primo disco con Yuri Cilloni alla voce, come si è ambientato il nuovo cantante nella formazione?È stato più facile del previsto, perché Yuri cantava già in una nostra cover band, perciò le canzoni le sapeva già ed è stato tutto molto semplice. Si è inserito benissimo nel gruppo: è un ragazzo simpatico, è un emiliano come noi, parla lo stesso dialetto,… E tutto questo ha facilitato molto la sua entrata, infatti ci troviamo molto bene sia noi che lui. È stato un bellissimo incontro, positivo al 100%.
Più di 50 anni di carriera, più di 30 album in studio, eppure i Nomadi hanno sempre qualcosa da raccontare…C’è sempre tanto da dire. Certo, è incredibile vedere come le canzoni del passato possano essere attuali ancora oggi, ma per noi è fondamentale avere sempre qualcosa di nuovo da raccontare: di quello che ci circonda, e anche l’aria che respiriamo, perché vediamo con gli occhi e ascoltiamo con le orecchie e con il cuore, poi cerchiamo di trasmetterlo con la musica, sperando che quello che raccontiamo possa veramente colpire il cuore delle persone. Nel nuovo disco ci sono brani che veramente colgono l’attimo, Decadanza, Europa,… Canzoni che sono fondamentali nell’album. La cosa bella è che riusciamo ad essere sempre noi stessi raccontando quello che vediamo e sentiamo.
Dal 1963 ad oggi lo spirito è cambiato?Lo spirito è sempre quello. È vero, sono cambiate tante persone, solo io sono rimasto dal ’63 ad oggi e delle volte uno potrebbe dire “È stato difficile”, “Come si può farcela?”… Invece no, lo spirito è rimasto intatto e uguale, perché chi è venuto a far parte di questa storia, che poi è una storia incredibile, sapeva benissimo dove stava andando, quindi lo spirito non c’era bisogno di raccontarglielo, non serviva dire come bisognava essere o cosa si doveva fare, basta credere nelle cose che si fanno. Uno che viene con noi a suonare Dio è morto, anche se non l’ha incisa lui, ci deve comunque credere, ci deve mettere lo spirito, e i ragazzi che sono entrati nella band ci sono riusciti in pieno e sono Nomadi veramente a 360 gradi. Voglio dire, non è facile essere Nomadi, si sono succeduti dei cambiamenti e questo vuol dire che alcune persone hanno preferito intraprendere altre strade, quindi questo ha sicuramente lasciato un segno nel gruppo, però tutti hanno dato qualcosa, perché la storia è talmente importante e talmente forte che bisogna crederci davvero. Io sono felicissimo perché gli amici che ho con me sul palco sono veramente Nomadi al 100%.
Nel nuovo album siete tornati a collaborare con vostri autori storici, infatti c’è un brano scritto da Francesco Guccini e uno da Alberto Salerno…Per quel che riguarda Francesco, fui io, due o tre anni fa, a chiedergli una canzone e lui ha scritto questo pezzo che descrive i Nomadi per come lui ci conosce e per come sa che noi siamo, ed è stata una cosa che ho gradito tantissimo. Francesco è stato fondamentale nella nostra storia a partire dal ’66 con Noi non ci saremo e io lo ringrazio sempre e lui ringrazia sempre noi, perché insieme abbiamo aperto la strada a tanti cantautori. Invece Salerno mi ha mandato un testo e mi ha detto “Mi raccomando, musicatelo!”, invece sono passati tre anni… Infatti lui ogni tanto si incazzava, mi diceva “Perché non musicate i miei testi?” e io gli rispondevo “Stai tranquillo, lo faremo!”. Infatti è arrivato Yuri ed è così giunto il momento per inciderla, e questa è stata una grande soddisfazione ed emozione da parte di entrambi. È molto bello il fatto che queste due persone, chi da una parte, chi dall’altra, si siano ricordate di noi e ancora oggi ci omaggiano con delle canzoni, questa direi che è una cosa bellissima.
Con la costante presenza di Bebbe Carletti, collaborazioni storiche e un nuovo cantante, si può dire che il nuovo disco racconti il passato, presente e futuro dei Nomadi?È esattamente così. Infatti, quando è giunto il momento di realizzare un nuovo album, abbiamo pensato a quello che è stato inciso nel passato per non dimenticarlo. Abbiamo un passato talmente importante che ci ha permesso di arrivare fino al giorno d’oggi e di guardare avanti e questo è veramente fantastico. Questo disco è proprio lavorato seguendo questo pensiero e ci rappresenta proprio in toto: “Questi sono i Nomadi. Nomadi dentro, Nomadi per eccellenza.” E lo dico con vanto tutto questo, perché è veramente una storia unica, una storia fatta di canzoni ma anche di persone.
Come fate a concentrare 50 anni di carriera e un nuovo album in un solo concerto?È quasi impossibile, però ci impegniamo. Nelle nostre scalette le grandi hit non mancano mai, perché giustamente quelle ci devono essere sempre e perché sono le nostre fondamenta. Sono i pezzi che ci hanno permesso di arrivare fino ai giorni nostri, e questi ci sono tutti, per esempio Io vagabondo, Dio è morto, Noi non ci saremo, Il vecchio e il bambino, Ho difeso il mio amore, Un giorno insieme, Un pugno di sabbia,… Le facciamo tutte, perché è giusto. Poi ci sono le canzoni nuove, infatti presentiamo una buona parte del nuovo album, che pensandoci non si discostano poi così tanto rispetto a quelle degli anni ’60 e ’70. Infatti questo disco, le canzoni, la scaletta, la nostra storia,… Sono un tutt’uno ed è difficile raccontare tutto in un concerto, ma diamo sempre il massimo per riuscirci.
MS
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