"Sto vivendo un’altra vita. Vengo da una generazione, quella di Bob Dylan, dove eravamo forever young, il pensiero di invecchiare proprio non c’era. Fino al giorno prima di essere così, lavoravo come se avessi 30 anni. Poi una mattina mi sono svegliato e all’improvviso ne avevo 80". È così che Oliviero Toscani descrive nell'intervista concessa al Corriere della Sera la sua malattia. Al celebre fotografo italiano è stata diagnosticata circa un anno fa l'amiloidosi: "In pratica le proteine si depositano su certi punti vitali e bloccano il corpo. E si muore. Non c’è cura". Insomma, il destino di Toscani sembra essere segnato, anche se l'artista si sta sottoponendo ad una cura sperimentale: "Faccio da cavia (...). In un anno ho perso 40 chili. Neppure il vino riesco più a bere: il sapore è alterato dai medicinali".
"Mi sono liberato di tutto"
Durante l'intervista - che si è svolta nella sua dépendance nella Maremma Toscana, la "tana del lupo" come la definisce lui - Toscani ha rievocato la sua carriera, ma non vuole essere ricordato per un singolo scatto: "Per l’insieme, per l’impegno. Non è un’immagine che ti fa la storia, è una scelta etica, estetica, politica da fare con il proprio lavoro". L'artista ha però perso la voglia di fotografare: "Mi sono liberato di tutto. È questa la bellezza". Toscani ha anche parlato della sua famiglia: giova ricordare che è stato sposato tre volte, ha sei figli (Alexandre, Olivia, Sabina, Rocco, Lola e Ali) e 16 nipoti e la sua attuale relazione con l'ex modella norvegese Kirsti Moseng dura da più di 40 anni. La compagna però "è entrata in crisi" alla notizia della diagnosi ed è partita per Santo Domingo. Il fotografo non le ha però chiesto di restare: "Io da solo sto bene. E poi non posso coinvolgere e condizionare tutti nella mia malattia".
"Basta che non faccia male"
Le sue ultime giornate il fotografo le trascorre leggendo, guardando la TV, l'Inter e alcune squadre inglesi: "E poi c’è Sinner, che mi dà sollievo nella vita". Toscani della morte però non ha paura: "Basta che non faccia male. E poi ho vissuto troppo e troppo bene, sono viziatissimo. Non ho mai avuto un padrone, uno stipendio, sono sempre stato libero". Un fatto che ci tiene a sottolineare: "Sono stato particolarmente privilegiato e fortunato, lo dico veramente". E infatti non si pente di ciò che ha fatto, ma solo di quello che non è riuscito a fare: "Potrei farmi incatenare, ma non perderei il senso di libertà. Ora sono come incatenato, ma sono libero di pensare come penso e di agire come penso dovrei". E su quello che arriva dopo non si interroga nemmeno troppo: "Non mi interessa. Sono a posto con il padreterno, io".
Un ultimo viaggio a Zurigo?
I medici di Toscani non sanno quanto tempo gli resta, ma "certo che vivere così non mi interessa. Bisogna che chiami il mio amico Cappato", ha detto il fotografo. Quest'ultimo si riferisce a Marco Cappato, un politico e attivista italiano, noto sulle testate giornalistiche per aver accompagnato nel 2017 un uomo rimasto tetraplegico a compiere il suicidio assistito a Zurigo in Svizzera. E proprio al Museum für Gestaltung zurighese c’è attualmente una sua mostra, che è stata prolungata fino al 5 gennaio 2025. "Pensare che ci passavo davanti (al museo, ndr), quando ero studente, ammirando chi riusciva a esporre lì. E adesso ci sono io. Non sono ancora andato. Magari, quando torna, mi ci accompagna Ali. E poi magari proseguo il viaggio con Cappato. Farebbe molto ridere".