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Tremila anni passati lontano da qualsiasi sguardo, segno di vita o luce. Finché, una mattina di novembre 1922, si creò del trambusto oltre la porta di pietra. La stanza funeraria in cui riposava la mummia del faraone Tutankhamon era appena stata scoperta grazie a una serie di scalini scovati da Howard Carter, pittore e archeologo britannico che aveva dedicato la sua vita alle ricerche sull’Antico Egitto, poco lontano dalla tomba di Ramses VI. Fu così che, esattamente 100 anni or sono, avvenne la scoperta che rivoluzionò lo studio delle culture passate, che attirò la curiosità del mondo intero e fu fonte di leggende urbane.
Gli attimi della scoperta
“Ci volle un po' di tempo prima che si potesse vedere, perché l'aria calda che fuoriusciva faceva tremolare la luce della candela, ma non appena gli occhi si abituarono al barlume di luce, l'interno della stanza si profilò a poco a poco, con la sua strana e meravigliosa mescolanza di oggetti straordinari e bellissimi ammassati l'uno sull'altro”. Così descrisse Carter nel suo diario personale gli attimi che seguirono la scoperta. La stanza, secondo diverse fonti, era angusta ma ben conservata rispetto agli altri ritrovamenti avvenuti nella stessa zona. La bara dorata era contenuta all’interno di quattro sarcofaghi di legno, come in una matrioska. Il viso della mummia era ornato da una maschera decorata in oro e lapislazzuli che in seguito diventerà il simbolo del monarca. La sala conteneva un numero infinito di oggetti che gli scienziati impiegarono dieci anni a repertoriare interamente. Dalla disposizione di questi, gli scienziati arrivarono alla conclusione che la sepoltura fosse stata preparata in fretta e furia, probabilmente a causa della morte precoce del faraone.
Il Faraone fragile
Le analisi effettuate sul corpo e i ritrovamenti di frammenti parietali di un antico palazzo egizio permisero di capirne maggiormente sulla vita del giovane sovrano. Asceso al trono a soli 9 o 10 anni il sovrano si sposò poco tempo più tardi con la principessa Ankhesenpaaton, che aveva 12 o 13 anni. Secondo le analisi effettuate sul corpo, la vita del giovane sarebbe stata segnata da una salute cagionevole, dovuta dalle malformazioni a un piede e dalla necrosi di alcuni tessuti. Benché non si sappia l’esatto motivo del decesso del re d’Egitto, si stima che avesse 18 anni.
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La maledizione – tra realtà e trovata pubblicitaria
Le voci della maledizione che inseguiva chiunque entrasse nella stanza in cui riposava il corpo del faraone, esistono dalla scoperta del luogo. Racconti rafforzati dalla presenza nei diversi media di questa leggenda. Film, fumetti, serie tv e libri hanno a lungo giocato sulle paure delle persone e sulla casualità di una morte, avvenuta pochi mesi dopo l’apertura della porta di pietra. Secondo diversi studi, però, la maledizione è nata dalla morte del finanziatore degli scavi, Lord Carnarvon, che facendosi la barba si rasò anche una puntura di insetto. Ciò gli causò un’infezione che innescò un effetto domino, il quale lo portò alla morte. La paura della maledizione fu utilizzata come una trovata pubblicitaria al fine di creare più interesse verso il territorio egizio. Inoltre, ai tempi, il giornale “Times” aveva ottenuto l’esclusiva delle informazioni condivisibili con il pubblico, così -per scrivere della scoperta- gli altri giornali dovevano riportare notizie di seconda mano, spesso inesatte. In realtà, degli studi provano che quella di Carnarvon è stata l’unica morte ad essere avvenuta in un lasso di tempo così breve.
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Howard Carter, il vero Indiana Jones?
La vita di Howard Carter fu definita dalla sua passione per l’antico Egitto. L’uomo, classe 1874, intraprese degli studi di pittura e illustrazione. A soli 17 anni si imbarcò in un viaggio in Egitto che gli cambiò la vita. Le sue capacità di artista gli permisero di collaborare con numerosi archeologi ed egittologi, nonché di avere accesso in prima persona a dei luoghi chiave che hanno definito la storia dell’antico Egitto. Per esempio, nel 1902 scoprì le tombe della regina Hatshepsut e del faraone Thutmose IV. Proprio durante queste esperienze, Carter incontrò il suo collega e finanziatore Lord Carnarvon nel 1907. La differenza tra la vita dell’Indiana Jones cinematografico e quello della vita vera è nelle tempistiche. Se in un film tutto avviene nel lasso di due ore circa, all’avventuriero britannico occorsero almeno sette anni per ottenere il permesso di scavare nella Valle dei Re e altri otto per trovare la porta che l’avrebbe condotto alla tomba meglio conservata dei faraoni. Dopo questo investimento di tempo, i 22 giorni impiegati per aprire la porta saranno sembrati una bazzecola.
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