Che alla Lega freghi poco o nulla dell’espressione popolare lo avevamo capito da molto tempo; che essa arrivasse a mostrare così apertamente disprezzo per le “decisioni del popolo” (alle quali essa giura tutti i giorni di volersi ispirare) è qualcosa che sorprende anche i più preparati alle giravolte leghiste degli ultimi anni. È a questo atteggiamento che corre il pensiero di fronte alla notizia che le Aziende industriali di Lugano (AIL) vorrebbero comperare (attraverso la controllata AIL Servizi SA) cinque stabili in via Peri nel centro di Lugano, oggi di proprietà del gruppo EFG. Obiettivo, con l’obiettivo -come ha dichiarato al Corriere del Ticino il direttore di AIL Servizi Luca Bächtold “di mettere a disposizione degli spazi amministrativi al Cantone per le esigenze della Giustizia”. Tutti ricorderanno il referendum di qualche mese fa sulla decisione di acquistare – sempre da EFG – l’immobile progettato da Mario Botta situato in via Franscini. E tutti ricorderanno la nettezza del voto popolare a livello cantonale, 60% di no; ma tutti ricorderanno come persino nella città di Lugano il No abbia vinto con il 52%. Una chiara indicazione che cittadini e cittadine di Lugano – anche tenendo conto che alla città quella operazione non costava nulla - hanno sicuramente altre preoccupazioni e priorità. Ma ecco ora il Municipio di Lugano (perché è evidente che dietro a AIL vi è la città) torna alla carica offrendo (anche nel quadro dell’offerta pubblica di spazi lanciata dal Cantone) pregiati e nuovi spazi per i progetti di Norman Gobbi, così come sono stati delineati di recente quale alternativa al fallimento dell’operazione EFG in via Franscini. Che le autorità di una città intervengano nel mercato immobiliare sottraendone parti importanti alla speculazione privata e ad usi che non hanno quale obiettivo primario di rispondere ad esigenze dei cittadini e della cittadine è sicuramente di per sé una buona cosa. E questo spiega anche perché un imprenditore amico del potere cittadino luganese come Stefano Artioli, padrone del gruppo Artisa, si sia pubblicamente lamentato di questa iniziativa, considerandola – dalle colonne del sempre disponibile CdT – “un’operazione… che porterebbe il Comune stesso in concorrenza con le società immobiliari”.
A noi invece certamente non dispiace una concorrenza pubblica alle società immobiliari, ma proprio se questa fosse mirata a riportare ad un uso pubblico e conforme a priorità e bisogni della popolazione. Riteniamo che oggi a Lugano vi sono e vi dovrebbero essere altre priorità: pensiamo, ad esempio, all’urgente e cospicuo bisogno di alloggi a pigione moderata o, ancora, a spazi per attività culturali e sociali alternative ed autogestite, a cui tutti dicono di voler provvedere. Ma, nei fatti, su questi importanti e decisivi temi il Municipio e i suoi partiti hanno fin qui mostrato di voler andare proprio in direzione opposta. Nella politica dell’alloggio, ad esempio, la linea seguita è stata quella della dismissione di importanti proprietà immobiliari- detenute in gran parte dalla Cassa pensione dei dipendenti della città di Lugano – attorno alla quali si sarebbe potuta rilanciare e sviluppare una politica di offerta di alloggi a pigione moderata. Il fatto che a muoversi per rispondere sostanzialmente a logiche politiche (aiutare il consigliere di Stato leghista a superare l’impasse nella quale si è cacciato con il progetto immobiliare sulla giustizia bocciato in votazione popolare) siano le AIL aggiunge nuove e pesanti ombre sulla attività di questa società anonima proprietà della città. Ricordiamo come le AIL si siano distinte negli ultimi anni in una politica di rialzo della tariffe elettriche (e di gas e acqua) tra le più forti di tutto il Cantone, andando a deprimere il potere di acquisto di decine e decine di migliaia di famiglie nel Sottoceneri. E questo malgrado una situazione patrimoniale delle AIL assolutamente invidiabile con quasi 200 milioni di riserve a vario titolo. Una politica indifferente alle sorti della popolazione condivisa dal Municipio di Lugano e dai suoi partiti che hanno rifiutato di mettere un freno alle tariffe e di introdurre una moratoria come chiedeva una petizione lanciata dall’MPS. L’iniziativa della città, attraverso la AIL Servizi SA) non solo quindi è un chiara smentita della volontà popolare espressa dalle cittadine e dai cittadini in materia di infrastrutture della giustizia; ma rappresenta un uso del denaro pubblico per fini che non corrispondono ai bisogni e alle priorità della popolazione di Lugano.
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