Qualsiasi progetto con una forte valenza territoriale, qual è il progetto di Parc Adula, comporterà dei vantaggi e degli svantaggi per le popolazioni interessate.
I vantaggi sono stati ampiamente illustrati durante le serate informative e tramite materiali vari. E' corretto quindi che chi dovrà esprimersi conosca anche qualche svantaggio, pur coscienti che in un caso come nell’altro prevedere che cosa ci riserverà il futuro è oggettivamente molto difficile.
Una prima riflessione importante ci sembra questa. La proposta di realizzare un parco attorno all’Adula non è stata fatta dagli ambienti agricoli bensì da coloro che mettono in primo piano di ogni loro azione la protezione della natura.
Ora occorre almeno ricordare che se, soprattutto nella zona periferica (senza la quale non ci potrebbe essere la zona centrale di un parco di nuova generazione), esiste un territorio ad alto valore paesaggistico e naturalistico, questo è unicamente merito dei contadini che, da secoli, dopo aver dissodato terreni allo stato selvaggio, li hanno coltivati con cura, e continuano a farlo, con grande rispetto per la natura.
Fa un po’ specie quindi che nella fase di consultazione della Charta del parco nessuna proposta di modifica giunta dall’UCT, dal Gruppo di lavoro cantonale Territorio e Ungulati e dall’ATsenzaGP sia stata accolta e inserita nella Charta definitiva. E non erano proposte rivoluzionarie o avventate!
Circa il tema dei grandi predatori è vero che il lupo, l’orso e la lince si sono espansi sulle Alpi e si espanderanno indipendentemente dall’esistenza o meno dei parchi.Tuttavia occorre anche riflettere su questi aspetti.
Un parco è per definizione una zona di protezione della natura. Nella zona centrale la priorità è della natura e la presenza dell’uomo è tollerata in determinate circostanze e condizioni, anzi secondo la Charta del Parc Adula, rispetto alla situazione attuale, dovrà essere ridotta (la zona di pascolo dovrà essere diminuita del 15 %). D’altro canto in quel perimetro i grandi predatori non potranno, in nessun caso, essere abbattuti, anche se diventeranno un pericolo per l’uomo.
L’esperienza della Francia, dove l’espansione del lupo è una decina di anni più in avanti di noi, ci indica invece che in determinati casi è stato necessario intervenire anche nella zona centrale dei parchi.
La zona periferica, invece, secondo i promotori, non dovrebbe essere soggetta a nessuna limitazione oltre a quanto in vigore finora. Tuttavia è pur vero che nella fase di consultazione l’Ufficio federale dell’ambiente ha sostenuto che ciò non è corretto ed è soltanto l’intervento della consigliera federale Leuthard che ha salvato il progetto di parco. Un atteggiamento non privo di significato.
Ve la immaginate allora una richiesta di abbattimento formulata dal Cantone, sulla base delle disposizioni vigenti, che preavviso otterrebbe dall’Ufficio federale dell’ambiente e che decisione ne sortirebbe dopo un ricorso della solita associazione ambientalista?
Oppure vi immaginate il cancan mediatico che si farebbe se si uccidesse un lupo o un orso in un parco ? Poco importa in quale zona!
Ora se parliamo di abbattimenti è perché anche le autorità più rispettose delle leggi (ad esempio la strasuperata convenzione di Berna in cui si dice che il lupo è una specie strettamente protetta) si stanno convincendo che senza una regolamentazione, la situazione sta sfuggendo di mano e sarà la fine del nostro allevamento tradizionale.
Qualche dato su cui riflettere:1995 prima comparsa di un lupo in Svizzera2001 prima comparsa di un lupo in Ticino; 3 capi predati2012 prima cucciolata in Svizzera (Calanda)2015 prima cucciolata in Ticino (Morobbia)51 capi predati, accertati, in Ticino; 345 in Svizzera2016 prima cucciolata in Vallese, seconda cucciolata in V. Morobbia e quinta nel Calanda.
Anche chi non ha approfondito il tema, comprende che la presenza del lupo, dopo la prima cucciolata, subisce un’accelerazione incontrollabile che fa paura, come è avvenuto sulle Alpi italiane e francesi. E di conseguenza le predazioni (di bestiame minuto, ma pure di vitelli, cavalli e cani come risulta dalle statistiche francesi) malgrado le misure di protezione adottabili, aumentano proporzionalmente al numero di lupi in circolazione.
Un’ultima domanda, estremamente intrigante, ci sorge quindi spontanea. Il progetto di parco intende promuovere, nella zona periferica, l’agricoltura e la pastorizia. Ottima idea. E se proprio a causa dell’espansione del lupo e all’impossibilità di regolamentarla, non si potesse più fare attività agricola tradizionale, che vantaggio ne trarremmo dall’aver realizzato il parco? La Charta del parco non prevede infatti nessuna possibilità di modifica dei contenuti della stessa nei primi dieci anni. E su quali prodotti metteremmo il famoso marchio Parco? Un testo, ben documentato, pubblicato in Francia nel 2015, porta questo significativo titolo. "Il lupo. La fine annunciata dell’allevamento ovino e una minaccia per tutti gli animali allevati all’aperto". E come sarebbero le valli interessate al parco senza attività pastorizia tradizionale? Lasciamolo immaginare a chi il 27 novembre dovrà esprimere il proprio voto.
Armando Donati, presidente Associazione per un territorio senza grandi predatori, sezione Ticino
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