Come ex docente vorrei portare all'attenzione dei lettori le seguenti problematiche che, considerata la proposta di ripresa delle attività scolastiche prevista per l'11 maggio, si dovrebbero tenere in considerazione per evitare che il virus infetti nuove persone:
- le classi possono trasformarsi in un luogo ad alto rischio di contagio, soprattutto per i docenti più anziani;- sarebbe difficile limitare gli scambi sociali (saluti e abbracci) tra gli studenti;
- con il riutilizzo dei mezzi di trasporto, la trasmissione del virus avverrebbe più facilmente;- sarebbe controproducente sospendere una seconda volta la scuola in caso di un aumento improvviso dei contagi dopo la riapertura;
- la scuola è un ambiente di contatti sociali, dove fare rispettare agli allievi le misure igieniche e le distanze reciproche è difficile. Tenere tanti studenti in un luoghi ristretti, come appunto sono le aule, rischia di facilitare ulteriormente la propagazione del virus. In una situazione di così stretta vicinanza anche semplici gesti quotidiani diventano una via efficiente per la diffusione del virus;
- al momento nessuno studio clinico riconosciuto ha dato informazioni in merito a un minore rischio di contagio dei bambini e degli adolescenti. Anzi gli stessi potrebbero essere dei portatori asintomatici e quindi facilitare la propagazione del virus;
- aprire le scuole rischia di vanificherebbe tutti gli sforzi fatti finora per arginare la diffusione del virus in Ticino.
Per tenere in considerazione un'eventuale apertura, il numero dei nuovi contagi dovrebbe situarsi ad un valore pari a zero. Mi domando inoltre se la decisione di riaprire le scuole è stata presa interpellando le persone che ci lavorano direttamente: vale a dire sia i docenti, la cui salute rischia di non essere tutelata considerando quanto detto sopra, che gli studenti.
Da colloqui personali con i colleghi che ho interpellato, nessuno si è mostrato d'accordo con questa nuova misura. Bisogna avere il coraggio di dire NO, per meglio tutelare la salute di tutti. Esattamente come si sarebbe dovuto dire no a quella settimana di baldoria del Carnevale di Bellinzona, momento probabile di massima diffusione del contagio.
Francesco Rinaldi, ex docente delle scuole medie
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