
L’8 marzo, Giornata Internazionale della Donna, rappresenta un momento di riflessione sui progressi ottenuti e sulle sfide ancora aperte in materia di uguaglianza di genere. In Svizzera, uno dei passi più significativi verso la parità è stata l’adozione della Legge sulla parità dei sessi (LPar) nel 1996, che ha reso giuridicamente vincolante il principio dell’uguaglianza tra donne e uomini, sancito dall’articolo 8 della Costituzione federale. Questa normativa mira a garantire pari opportunità nel mondo del lavoro, vietando ogni forma di discriminazione basata sul genere.
Cosa dice la legge
La LPar stabilisce che nessuno può essere svantaggiato a causa del proprio genere in materia di assunzione, attribuzione dei compiti, condizioni di lavoro, retribuzione, formazione, avanzamento di carriera e licenziamento. Inoltre, tutela in modo specifico le lavoratrici in gravidanza e maternità e garantisce protezione contro le molestie sessuali, un problema che colpisce ancora in modo sproporzionato le donne. Un aspetto innovativo della legge è la procedura semplificata per le azioni civili: in caso di presunta discriminazione, l’onere della prova ricade sul datore di lavoro, facilitando così l’accesso alla giustizia per chi subisce trattamenti ingiusti. Tuttavia, questa disposizione non si applica alle molestie sessuali, un ambito in cui spesso le vittime faticano a far valere i propri diritti. Inoltre, purtroppo, le opportunità offerte da questa legge sono ancora troppo poco note ai professionisti del settore e alle lavoratrici e ai lavoratori.
Persiste il divario salariale
Nonostante la legge, il divario salariale tra donne e uomini è ancora pari al 18% e dimostra che la piena uguaglianza non è stata raggiunta. Per contrastare questa disparità, nel 2020 è stata introdotta una revisione della LPar che impone alle aziende con almeno 100 dipendenti di condurre un’analisi della parità salariale. Sebbene questa misura aumenti la trasparenza, l’assenza di sanzioni per le imprese inadempienti e l’esclusione delle piccole e medie imprese ne limitano l’impatto. Per questi e altri motivi il 3 marzo, in occasione dell’apertura della sessione primaverile del Parlamento, una coalizione di 52 organizzazioni tra cui OCST, ha inviato una lettera al Consiglio federale chiedendo misure più efficaci contro la discriminazione salariale di genere, inclusa una revisione della legge sulla parità dei sessi. A quattro anni dall’obbligo di analisi salariale per le grandi aziende, la discriminazione persiste ed aumenta.
La strada per la parità è ancora lunga
In occasione della Giornata Internazionale della Donna, è fondamentale sottolineare che la strada per la piena parità è ancora lunga. Le donne continuano a essere sottorappresentate nei ruoli dirigenziali e molte lavorano a tempo parziale per conciliare lavoro, famiglia e le diverse altre attività, anche a causa della difficoltà di accesso a servizi di accudimento per i figli e della mancanza di congedi parentali più lunghi. Oltre alle questioni economiche, resta urgente combattere le discriminazioni sistematiche e gli stereotipi di genere. L’8 marzo diventi un’occasione per rinnovare l’impegno collettivo verso un cambiamento culturale e strutturale che consenta di realizzare una vera uguaglianza, dentro e fuori il mondo del lavoro.
Davina Fitas, OCST, responsabile del settore pubblico e docenti, coordinatrice donna–lavoro