Stefano Dias
L’aumento del budget dell’esercito svizzero: una riflessione critica
©Chiara Zocchetti
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Redazione
17 ore fa
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L’annuncio dell’aumento di 4 miliardi di franchi al budget dell’esercito svizzero, ha innescato un vivace dibattito politico. Il governo svizzero ha proposto un incremento graduale del budget militare, portando la spesa all’1% del PIL entro il 2030, accelerando così un piano inizialmente previsto per il 2035. Questa decisione ha suscitato reazioni contrastanti, ma la mia posizione è di sostegno all’esercito e credo che il target del 1% del PIL rappresenti un giusto compromesso per garantire la sicurezza e l’efficienza della difesa nazionale. Tuttavia, anticipo alcune problematiche che potrebbero sorgere nel cercare di accelerare questa tempistica e credo che un approccio più cauto e ponderato sarebbe preferibile. La decisione di anticipare il raggiungimento dell’obiettivo di spesa entro il 2030, anziché il 2035, rischia di alimentare nuove tensioni all’interno del parlamento. Questo contesto può trasformare il dibattito sul budget militare in una battaglia politica, invece che in una discussione pragmatica sui bisogni reali dell’esercito. Una simile accelerazione, in un periodo di difficoltà economiche, potrebbe esasperare la polarizzazione politica, anziché promuovere l’unità necessaria per affrontare le sfide comuni del Paese.

 

L’opposizione, in particolare il PS, è destinata a intervenire con forza contro questo aumento improvviso, alimentando un dibattito acceso che potrebbe compromettere la coesione politica su altri temi importanti. La sinistra spesso critica l’aumento delle spese militari, vedendo tali fondi come distolti da altri settori cruciali come la sanità, l’istruzione e il welfare. Tuttavia, è importante ricordare che gli impiegati dell’esercito sono essi stessi funzionari pubblici, impegnati in un servizio essenziale per la nazione. Le operazioni di supporto che l’esercito ha fornito alla popolazione, come durante l’emergenza nella Valle Maggia, dimostrano che la loro funzione va oltre la difesa strettamente militare.

 

Inoltre, molti di questi professionisti militari lavorano in condizioni difficili e a volte sono malpagati rispetto ai rischi e alla responsabilità che si assumono. Questo è un aspetto che la sinistra dovrebbe considerare nella sua difesa del pubblico impiego. La proposta di un aumento graduale fino al 2035 potrebbe mantenere un margine di consenso più ampio, riducendo le frizioni tra le varie forze politiche e consentendo di trovare un accordo più sostenibile. Un secondo punto di riflessione riguarda la capacità dell’esercito di assorbire e gestire in modo efficace un incremento di budget così rapido. Nel corso di sei anni, passare a un riarmo significativo e aggiornare l’intero esercito sarebbe estremamente complesso. Accelerare questo processo rischia di generare inefficienze, sprechi e investimenti male orientati. Non si tratta solo di stanziare risorse, ma anche di pianificarle, di creare le condizioni per un esercito più efficiente, agile e preparato alle sfide future.

 

Prima di lanciarsi in un’espansione rapida e massiccia, sarebbe più saggio concentrarsi sul miglioramento dell’efficienza attuale. Ridurre gli sprechi, ottimizzare la logistica e la formazione, e riorganizzare le strutture esistenti sono passi necessari per preparare il terreno a un eventuale aggiornamento delle dotazioni militari. Solo dopo aver reso l’esercito più compatto e mobile, potremmo essere pronti per investire in nuove tecnologie e risorse. In caso contrario, c’è il rischio che i fondi aggiuntivi non siano utilizzati in modo ottimale, e ciò costituirebbe un grave spreco dei soldi dei cittadini. La realtà è che, sebbene le minacce globali siano aumentate e imprevedibili, un approccio affrettato potrebbe non rafforzare effettivamente la nostra difesa. Al contrario, potrebbe esporci a criticità legate a sprechi e inefficienze strutturali. Un piano graduale, che mantenga l’obiettivo del 2035, permetterebbe all’esercito di compiere un passo alla volta, assicurando che ogni investimento sia ben ponderato e indirizzato.

 

L’aumento del budget dell’esercito svizzero è un passaggio cruciale per garantire la sicurezza nazionale in un mondo sempre più instabile. Sostenere un incremento delle spese militari fino all’1% del PIL è, a mio avviso, un compromesso sensato. Tuttavia, accelerare questo processo entro il 2030 potrebbe creare più problemi di quanti ne risolva. La gestione politica di tale accelerazione rischia di inasprire il dibattito parlamentare e spaccare l’unità necessaria per affrontare le difficoltà economiche del Paese. Sul fronte operativo, un aumento troppo rapido del budget rischia di portare a inefficienze e sprechi, senza risolvere i problemi strutturali che l’esercito deve affrontare. In definitiva, il piano originario di aumentare il budget entro il 2035 appare come la strategia più razionale. In questo modo, avremo il tempo necessario per modernizzare l’esercito in modo intelligente, evitando di sperperare risorse pubbliche e garantendo una difesa adeguata al nostro Paese per il futuro.

 

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