Nel corso degli ultimi decenni la popolazione e la politica hanno giustamente mostrato una crescente preoccupazione e attenzione per le tematiche ambientali e dell’ecologia, compresa la biodiversità. Di conseguenza, Confederazione, Cantoni e Comuni si impegnano, affinché queste siano tenute nella giusta considerazione, cercando di bilanciarle con altrettanto legittime necessità, anch’esse provenienti dalla popolazione stessa. Ciò, nel quadro di un sistema – quello federale –, basato sulla responsabilità e possibilità di azione dei diversi livelli istituzionali. Se questo equilibrio venisse meno, il nostro modello di successo sarebbe messo in crisi.
Un ulteriore aumento della burocrazia
L’iniziativa sulla biodiversità, su cui saremo chiamati a votare il prossimo 22 settembre, comporterebbe proprio un soffocamento del sistema federale, con un pericoloso irrigidimento, una perdita di autonomia di Cantoni e Comuni, così come un’ulteriore aumento della burocrazia e – v’è da crederlo – di ricorsi che, in modo del tutto controproducente, arrivano spesso a bloccare progetti democraticamente condivisi, magari proprio volti alla tutela del clima, come ad esempio la realizzazione di un impianto idroelettrico.
Conseguenze paradossali
Imponendo un importante ampliamento dell’inventario delle superfici protette a livello nazionale, che arriverebbero fino al 30% di quella totale, l’articolo costituzionale priverebbe Cantoni e Comuni, ma anche la Confederazione, di quel ragionevole margine di flessibilità che permette oggi di trovare soluzioni praticabili, tanto a tutela del paesaggio e della biodiversità, quanto – sempre per fare un esempio – dell’agricoltura di montagna, che si prende cura di territori altrimenti abbandonati e contribuisce alla sicurezza alimentare con una produzione di prossimità. Le conseguenze, da questo punto di vista, sarebbero paradossali: in nome di un’ancora maggiore protezione della biodiversità in Svizzera (per inciso: già oggetto di importanti programmi di tutela, tanto a livello federale, quanto cantonale) saremmo sempre più dipendenti dall’importazione di derrate alimentari e di energia elettrica dall’estero, prodotte senza una pari tutela dell’ambiente.
Restrizione eccessiva delle diverse politiche settoriali
Lo Stato è chiamato a offrire una sintesi tra le diverse istanze della società. L’iniziativa in questione è davvero troppo massimalista e, così com’è stata formulata, comporterebbe una restrizione eccessiva delle diverse politiche settoriali, compresi gli evidenti conflitti con quella agricola ed energetica, già oggetto di diverse votazioni popolari, l’ultima – sull’approvvigionamento elettrico sicuro e sostenibile – lo scorso mese di mese di giugno, approvato con una percentuale prossima al 70%, grazie anche al sostegno di movimenti ecologisti che ora, con questa iniziativa, rimetterebbero tutto in discussione. Anziché promuovere e incentivare il dialogo tra partner pubblici e privati in un quadro legale già ben definito e che sta dando i primi frutti anche in tema di svolta energetica, i fautori del nuovo testo costituzionale vorrebbero invece estendere obblighi, divieti e lavoro amministrativo. Sarebbe un risultato dannoso per tutti e quindi da evitare, votando ‘no’ all’iniziativa sulla biodiversità.
Simone Gianini, consigliere nazionale PLR