
Due casi emblematici, sollevati dall’avvocato zurighese Philipp Kruse, evidenziano le problematiche legate alla gestione delle autorità sanitarie durante la pandemia di COVID-19.Il primo coinvolge un medico, padre di quattro figli, sospeso per aver emesso tre certificati di esenzione vaccinale e da test PCR che, benché basati su motivazioni mediche documentate, le autorità sanitarie cantonali hanno interpretato come un atto criminale: infatti, dopo due anni e mezzo di indagini, il medico si è visto improvvisamente revocare la licenza professionale, con conseguenze personali e finanziarie devastanti. Secondo Kruse, in Svizzera un provvedimento del genere può essere adottato solo se vi è un pericolo immediato e ineludibile, cosa che in questo caso non sussisteva.
Il caso della psichiatra
Il secondo caso riguarda invece una psichiatra con una carriera impeccabile, madre di tre figli, che dal 2021 ha inviato ripetute e-mail alle autorità sanitarie cantonali contenenti analisi e documenti che mettevano in dubbio la narrativa ufficiale della pandemia, criticavano l’efficacia del test PCR e sottolineavano i rischi delle vaccinazioni a mRNA, in particolare per bambini e giovani. Le sue comunicazioni, anziché essere accolte come contributi alla discussione scientifica, hanno portato all’apertura di un procedimento che ne mette in dubbio la capacità di giudizio: è stata infatti costretta a sottoporsi a una valutazione psichiatrica forzata, a sue spese, nonostante la mancanza di evidenze concrete che giustificassero tale misura intrusiva.
Si pongono alcune questioni fondamentali
Va sottolineato che entrambi i medici hanno agito nel rispetto del giuramento di Ippocrate, prioritizzando la salute e la sicurezza dei loro pazienti. Tuttavia, il loro impegno critico è stato sanzionato severamente, sollevando dubbi sulla trasparenza e l’imparzialità delle istituzioni sanitarie. Si pongono alcune questioni fondamentali: anzitutto, il ruolo delle autorità sanitarie, che sembrano aver sacrificato il dibattito scientifico sull’altare del controllo autoritario delle opinioni; in secondo luogo, il principio della proporzionalità: in entrambi i casi, le misure adottate appaiono eccessive rispetto alle presunte infrazioni; infine, la questione della trasparenza: perché le preoccupazioni sollevate da medici qualificati sono state ignorate anziché essere analizzate con rigore scientifico?
Minata la fiducia nelle istituzioni
In entrambi i casi, il comportamento dell’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) e delle autorità cantonali mina la fiducia nelle istituzioni: finché non verrà avviata un’analisi seria e approfondita sulla gestione della pandemia, sarà impossibile ristabilire la pace sociale e la giustizia. Il trattamento riservato a questi medici non solo contraddice i principi del diritto, ma va contro lo spirito stesso del giuramento di Ippocrate, che pone la salute del paziente al di sopra di ogni altra considerazione. La fiducia nelle autorità non può essere imposta: va guadagnata attraverso la trasparenza, il dialogo e il rispetto delle diverse opinioni. Solo così si potrà (ri)costruire un sistema sanitario credibile.
Maria Pia Ambrosetti, granconsigliera HelvEthica Ticino