Flaviano Nicola
Paradossi e ipocrisia
©Gabriele Putzu
©Gabriele Putzu
Redazione
11 giorni fa
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Più strade = più traffico. Il fatto che venga ripetuto da anni, non lo rende vero, anzi.

Questa fantomatica equazione, o meglio il fenomeno che vi sta alla base, prende il nome di Paradosso di Braess, dal matematico tedesco che nel 1968 pubblicò uno studio dimostrando che all’apertura di una nuova strada non segue necessariamente una diminuzione del tempo di percorrenza medio tra due luoghi ma, anzi, questo può in certi casi aumentare. Dalla contro-intuitività del fatto, il termine paradosso.

L’esistenza di tale fenomeno è stata confermata da numerosi studi negli anni successivi e non è quindi in questione.

Di veramente affascinante c’è che non solo si può verificare, e ne deve pertanto essere tenuto debitamente conto quando si indaga l’opportunità di potenziamento di una rete stradale, ma lo stesso avviene pure, in maniera ancora più controintuitiva, anche quando non c’è nessun conducente dietro ad un volante: Nel 2021 ricercatori del Max Planck Institute for Dynamics and Self-Organization di Göttingen hanno infatti provato che tale manifestazione è osservabile anche in sistemi elettrici complessi, come la rete di distribuzione di energia elettrica che alimenta le nostre case e industrie. Lo stesso fenomeno è riscontrabile addirittura in sistemi biologici, come può essere un sistema cardiocircolatorio.

Non so il lettore, ma io non ho mai sentito nessuno sostenere che “più cavi causano più elettricità” o “più fili causano più corrente”. Neppure che un bypass coronarico non vada eseguito perché altrimenti rallenterebbe il flusso sanguino. Appare, anzi, piuttosto evidente l’assurdità di tali affermazioni.

Ebbene, tale manifesta assurdità è la medesima insita nell’equazione, assunta a credo religioso, che più strade causino più traffico.

Semplicemente una menzogna, e non serve essere matematici per capirlo. La questione non è matematica, è logica.

Leggiamo la descrizione del paradosso così come riportata in una famosa enciclopedia online:

«[…] Se una strada è preferibile a un'altra dipende non solo dalla qualità della strada, ma anche dalla densità del flusso. Se ogni autista sceglie il percorso che ritiene più favorevole, il tempo di percorrenza risultante non è obbligatoriamente quello minimo. Inoltre, è dimostrabile con un esempio che un'estensione della rete stradale può causare una ridistribuzione del traffico che si traduce in singoli tempi di esecuzione più lunghi»

Cosa capiamo? Che questa situazione controintuitiva, dove si costruisce una nuova strada e il tempo di tragitto, invece di diminuire, aumenta, è in effetti una possibilità. Non può essere escluso a priori. E, di contrario, ciò significa che non vi è alcun riscontro obbiettivo che statuisca che questa anomalia si manifesti sempre.

In altre parole, chi sostiene che l’equazione che più strade significhino automaticamente più traffico prende un’eccezione, una curiosa manifestazione matematica, uno scenario di laboratorio, e ve la vende come un teorema provato, una certezza matematica, una manifestazione causa-effetto inalienabile.

Proprio qui casca l’asino. E si lascia libera interpretazione al fatto che l’asino sia solo ignorante, o sia proprio in cattiva fede.

Parliamo poi dell’ipocrisia del suddetto asino, quando fa carte false per legittimare la sua visione collettivista e impositiva dei trasporti, dove l’automobile deve morire insieme all’industria che la produce, mentre il trasporto pubblico va sovvenzionato ad oltranza fino all’assurdo finanziario. In tutto ciò, il (libero?) individuo costretto con ogni sotterfugio ad utilizzarlo.

Tutto ciò è particolarmente d’attualità, giacché l’ampliamento delle autostrade svizzere, al collasso e contro il quale è stato indetto un referendum, perché, oltre che a “generare traffico” pure “costerebbe troppo”, è in realtà già finanziato. Dagli stessi automobilisti, con i proventi delle accise sugli idrocarburi e dalla vignetta autostradale che finiscono nel fondo per le strade nazionali e il traffico d'agglomerato (FOSTRA).

Per meglio contestualizzare, basti pensare che la tassa (TTCPC) che paga ogni camion per ogni singolo km percorso su suolo elvetico e rilevato dall’apposito apparecchio, sia esso immatricolato in svizzera o all’estero, viene per la maggior parte impiegata per finanziare opere ferroviarie, invece di venir reinvestita sulla rete stradale che la genera. E parliamo di 1'600'000'000 CHF l’anno, non bruscolini.

Un po’ ipocrita aver da ridire su come si intendono spendere i soldi degli automobilisti, quando in casa propria si fa i grandeur sotto la pioggia di milioni di finanziamenti esterni.

Le strade e le autostrade sono sistematicamente intasate e tutti perdiamo ore di vita in colonna e milioni di franchi perché il loro sviluppo non ha tenuto il passo della crescita demografica (ricordiamo: netto + 2 milioni di persone negli ultimi 20 anni!). Il resto sono fiabe, e bugie. Di ciò si ringrazino politiche dei trasporti ideologiche e obsolete, rette da utopie e legittimate da falsi miti.

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