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Sem Genini - Basta allevamento intensivo in Svizzera? Ma stiamo scherzando?
Sem Genini - Basta allevamento intensivo in Svizzera? Ma stiamo scherzando?
Sem Genini - Basta allevamento intensivo in Svizzera? Ma stiamo scherzando?
Redazione
5 anni fa

Quando ho sentito parlare per la prima volta dell’iniziativa popolare “No all’allevamento intensivo in Svizzera” depositata la scorsa settimana dal gruppo Sentience Politics, non potevo crederci. Allevamento intensivo? In Svizzera?

Il benessere degli animali è di fondamentale importanza per l’agricoltura svizzera e il numero massimo di capi per azienda agricola impedisce un allevamento intensivo di tipo industriale. I numeri dei nostri allevamenti sono davvero piccoli, se li paragoniamo a quelli delle nazioni confinanti diventano ridicoli e rispetto ad altre parti del mondo addirittura irrilevanti. In Svizzera è definito un numero massimo di effettivi per ogni tipo di allevamento, mentre a livello europeo invece non esiste alcuna limitazione di questo tipo. Per le galline ovaiole, ad esempio, sono ammessi un massimo di 18'000 animali adulti, mentre per i suini da ingrasso c’è un massimo di 1'500 esemplari. Altresì, da noi, l’allevamento di polli in batteria è vietato da anni. Lo spazio previsto per legge, così come la luce naturale o il tempo limite di trasporto degli animali, sono regolamentati in maniera chiara e severa. Sono tutte norme relative al benessere animale. Particolari che spesso la gente vuole anche a livello di legge, ma poi non conosce, e che però caratterizzano l’allevamento animale in Svizzera. I consumatori svizzeri inoltre hanno già la possibilità di promuovere l’allevamento di animali in gruppi ancora più piccoli, acquistando prodotti biologici o legati a un determinato marchio, come KAGfreiland ad esempio. La regolamentazione in questi casi è ancora più restrittiva, e per tornare agli esempi concreti, per le aziende agricole biologiche sono consentiti al massimo due pollai con 2'000 capi ciascuno. Credo che tutti i Ticinesi abbiano visto gli allevamenti di galline ovaiole bio, che hanno ben poco a che vedere con le immagini che si vedono in tv di certi allevamenti intensivi in altre parti del mondo.

L’iniziativa prevede anche che la Confederazione emani nuove norme sulle importazioni. L’Unione Svizzera dei Contadini ha subito sottolineato le difficoltà che ci sarebbero a fare applicare queste norme, dato che l’importazione di prodotti alimentari in Svizzera è regolata anche dall’Organizzazione Mondiale del Commercio e non è proprio immediato introdurre delle nuove regole. Inoltre, per quanto riguarda i prodotti trasformati, gli stessi promotori dell’iniziativa, intravvedono già degli ostacoli, quando raccomandano un approccio “pragmatico”. Eh sì, perché riuscire a verificare e controllare l’origine degli ingredienti di origine animale nei prodotti trasformati, non è esattamente una passeggiata, anzi. Continueremmo così a importare alimenti prodotti con uova provenienti da allevamenti di polli in batteria con buona pace di tutti? Tutto ciò limiterà ancora di più la produzione indigena per poi trovarci nel piatto tutta una serie di prodotti provenienti da allevamenti animali discutibili, di cui si sa poco o niente. L’iniziativa “No all’allevamento intensivo in Svizzera” è quindi superflua e non porterà nessun valore aggiunto in Svizzera, né per il benessere degli animali, né per le famiglie contadine e nemmeno per i consumatori.

Sem Genini, segretario agricolo UCT

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