Manuele Bertoli
Una risposta al comunicato del Movimento della Scuola
©Chiara Zocchetti
©Chiara Zocchetti
Redazione
5 mesi fa
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Le narrazioni inveritiere sono fastidiose quando ti concernono, perché da un lato le vorresti sempre correggere, proprio perché fasulle, mentre sarebbe forse più saggio seguire Dante nel suo “non ragioniam di lor, ma guarda e passa”.

Oggi non seguirò il sommo poeta.

Il Movimento della scuola non ha resistito a tirarmi in ballo in data odierna, a partire da una storia recente su cui non dirò nulla, sostenendo che da anni nel Dipartimento che ho diretto fino all’aprile 2023 vigeva una gestione del personale a carattere verticistico e autoritario, che prevedeva l’impiego frequente e spesso indiscriminato delle inchieste amministrative per poter smorzare gli animi dei docenti che rivendicavano un ruolo attivo e partecipativo nella scuola, nonché un clima sottilmente intimidatorio.

Una ridicola fandonia, non sostanziata, buttata lì così, tanto per far cattivo sangue, che in mancanza di argomenti migliori si è voluto gettare in pasto all’opinione pubblica in questo caldo agosto e che non posso che respingere con forza. Mi indichino i signori del Movimento della scuola, se ne hanno gli estremi, alcune delle inchieste amministrative “indiscriminate” “volte a frustrare gli animi dei docenti attivi e partecipativi” che il Dipartimento avrebbe promosso quando ne ero direttore: visto che a loro dire sono state frequenti, non sarà difficile trovarne almeno quattro o cinque.

Attendo con pazienza.

L’unica sempre menzionata è quella che il Consiglio di Stato, non il Dipartimento, ha aperto sui docenti che usavano indebitamente la posta elettronica lavorativa facendo SPAM, anche dopo essere stati pregati di interrompere questa pratica non ammessa da una decisione governativa. Se questa è intimidazione, allora dovremmo ammettere che lo sia anche, ad esempio, il provvedimento che il docente prende contro un allievo di scuola media pescato a usare il cellulare in classe dopo essere stato avvisato più volte di non farlo, o la brutta nota rifilata a un allievo pescato a copiare quando è chiaro a tutti che non si fa; o forse per i docenti valgono regole speciali?

La denigrazione a buon mercato non è mai corretta, ma lo è soprattutto quando viene da organizzazioni professionali che chiedono giustamente rispetto per la categoria che difendono. Il rispetto, prima di pretenderlo, andrebbe praticato, soprattutto per la verità.

 

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