
Nel 2023, la Confederazione ha ricevuto 7,1 milioni di franchi da conti bancari in giacenza. In pratica, la maggior parte di questi averi finisce nelle casse della Confederazione perché non è stato possibile rintracciare gli aventi diritto o verificarne la legittimità. Le banche svizzere perdono sovente i contatti con i clienti, ad esempio in caso di trasferimento all'estero o di decesso. Quando si verifica una situazione del genere, le banche sono obbligate a seguire una procedura precisa, basata sulle direttive Narilo entrate in vigore nel 1995: se la banca non ha contatti con un cliente per un periodo prolungato, deve effettuare ricerche "entro limiti ragionevoli". Se non è possibile rintracciare la persona in questione, i dati relativi ai suoi beni, a condizione che il loro valore superi i 500 franchi, devono essere comunicati a una banca dati centrale, alla quale ha accesso solo l'Ombudsman delle banche svizzere. Spetta poi a quest'ultimo trovare gli aventi diritto. Se non ci riesce, gli averi vengono pubblicati sul sito www.dormantaccounts.ch 60 anni dopo l'ultimo contatto con il cliente. Se un anno dopo la pubblicazione non si manifesta alcun avente diritto, le banche trasferiscono i beni all'Amministrazione federale delle finanze (AFF).
Poche domande hanno successo
Dall'introduzione dell'attuale sistema di ricerca, nel 2001, l'Ombudsman delle banche è riuscito a identificare 710 relazioni bancarie senza contatto, consentendo agli aventi diritto di recuperare beni per un totale di 139,4 milioni di franchi e il contenuto di 73 cassette di sicurezza, stando all'ultimo rapporto annuale. Nel 2023, l'Ombudsman ha esaminato 477 richieste, in aumento del 10,1% rispetto all'anno precedente, ma solo 18 sono hanno esito positivo. "Dal 2001 il tasso di successo medio è stato di circa il 6,5%", spiega Andreas Barfuss, Ombudsman delle banche svizzere. Questo tasso relativamente basso si spiega con il fatto che, in una ricerca centralizzata, il richiedente in genere non cerca conti che ha aperto lui stesso, ma conti che qualcuno a lui vicino potrebbe aver aperto in una banca che non conosce. Spesso si tratta di semplici ipotesi. Inoltre, la ricerca centralizzata permette di trovare solo i conti ancora aperti al momento della ricerca, e non quelli che il cliente ha chiuso."
La distribuzione geografica delle richieste
In termini di distribuzione geografica, la maggior parte delle domande trattate nel 2023 proviene dalla Germania (151), seguita dalla Francia (66). La Svizzera si è classificata terza, con 49 richieste. "È possibile che gli eredi di persone domiciliate in Svizzera dispongano di informazioni migliori e che, di conseguenza, poche richieste di ricerca provengano dalla Svizzera. Le domande dall'estero provengono principalmente dai Paesi confinanti e sono proporzionali alla popolazione, questo spiega perché la Germania è il Paese che invia il maggior numero di richieste. Possiamo anche supporre che lo strumento di ricerca sia più conosciuto in quel Paese", sottolinea Barfuss. Al di fuori dell'Europa, la maggior parte delle richieste proviene dall'Asia (32) e dal Nord America (31).
Nelle casse della Confederazione
L'importo totale degli averi restituiti lo scorso anno è stato di 1,1 milioni di franchi, contro i 14,1 milioni del 2022, i 5,4 milioni del 2021 e i 3,6 milioni del 2020, precisa il rapporto annuale. Queste somme rappresentano una solo parte degli averi in giacenza: secondo le cifre fornite dall'AFF, 7,1 milioni non hanno potuto essere restituiti ai legittimi proprietari nel 2023 e sono quindi finiti nelle casse della Confederazione. "Questi fondi vengono versati nelle casse federali e non sono destinati ad uno scopo specifico, vengono utilizzati per finanziare le varie spese della Confederazione", spiega un portavoce del Dipartimento federale delle finanze (DFF). Berna riceve i proventi della liquidazione degli averi in giacenza dal 2017 e in sei anni ha incassato un totale di 96,6 milioni di franchi. L'importo è stato particolarmente elevato negli anni Covid, secondo: nel 2020 ammontava a 17,4 milioni, nel 2021 a 38,6 milioni e nel 2022 a 19,7 milioni. "È improbabile, tuttavia, che questo abbia a che fare con la pandemia, dato che l'ultimo contatto con i clienti risale a sessant'anni fa", sottolinea un portavoce dell'Ombudsman bancario svizzero.
Disposizioni in vigore dal 2015
È solo dal 2017 che la Confederazione riceve i proventi della liquidazione degli attivi dormienti. In precedenza, il denaro non andava da nessuna parte: rimaneva semplicemente nei conti in giacenza. "Il diritto svizzero non prevedeva alcuna disposizione in merito. Le norme del Codice delle obbligazioni relative al rapporto tra il cliente e la sua banca prevedevano che questi diritti non potessero essere estinti nonostante la perdita del contatto", spiega Luc Thévenoz, professore di diritto bancario all'Università di Ginevra. Dalla fine del 2000 le banche sono tenute a segnalare i beni in giacenza all'Ombudsman attraverso una banca dati centrale, in conformità con le relative linee guida emanate dall'Associazione svizzera dei banchieri. Le situazione è evoluta nuovamente nel 2013, quando il Parlamento ha adottato la revisione dell'Ordinanza sulle banche. Quest'ultima, entrata in vigore nel 2015, stabilisce che gli averi in giacenza superiori a 500 franchi devono essere pubblicati sul sito www.dormantaccounts.ch sessant'anni dopo l'ultimo contatto con il cliente e che devono essere trasferiti alla Confederazione un anno dopo la pubblicazione se non è stato individuato un avente diritto. Gli averi fino a 500 franchi svizzeri sono trasferiti direttamente alla Confederazione senza pubblicazione dopo sessant'anni.