Svizzera
Accordo frontalieri, via libera da Berna
Immagine CdT
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Keystone-ats
3 anni fa
Dopo gli Stati, anche il Nazionale ha approvato oggi l’intesa tra Svizzera e Italia sull’imposizione dei frontalieri. La proposta di Marchesi di sospendere l’intesa è stata bocciata

Dopo gli Stati nel dicembre scorso, anche il Consiglio nazionale ha approvato oggi (186 voti a 4 e 2 astensioni) l’accordo tra la Svizzera e l’Italia sull’imposizione dei frontalieri. Una proposta di sospensione dell’intesa presentata da Piero Marchesi (UDC/TI) è stata respinta per 136 voti a 55. Marchesi chiedeva la sospensione del dossier finché la Svizzera non sarà stralciata da una lista nera italiana e Roma non faccia passi concreti sull’apertura del proprio mercato finanziario agli operatori svizzeri. Ma per la maggioranza del plenum, l’accordo è vantaggioso per la Svizzera, e in particolare per il Ticino, e una sospensione non farebbe che irrigidire la posizione dell’Italia.

Un’intesa vantaggiosa
Tranne l’UDC, che pur essendo favorevole alla sospensione dell’accordo alla fine lo ha accolto in votazione finale, tutti gli altri partiti, anche se con qualche voce critica, hanno sottolineato i vantaggi che l’intesa porta ai cantoni che hanno un confine in comune con l’Italia, ossia il già citato Ticino cui si aggiungono il Vallese e i Grigioni. Per Greta Gysin (Verdi) e Bruno Storni (PS), l’accordo con l’Italia, pur non essendo perfetto, porta innegabili miglioramenti alla situazione attuale, in particolare un maggiore gettito fiscale generato dalla maggior imposizione dei frontalieri, specie quelli che entreranno in Ticino dopo l’entrata in vigore del testo. Ciò dovrebbe rendere meno attrattivo il mercato del lavoro in Ticino e contribuire a combattere il dumping sociale e salariale che affligge il cantone a sud delle Alpi.

Chiedere di più è illusorio
Per Gysin, pensare di ottenere di più dall’Italia sospendendo il processo di ratifica è illusorio e potrebbe trasformarsi in un boomerang, dal momento che l’accordo definitivo firmato dai due Paesi è più vantaggioso per la Svizzera rispetto alla versione del 2015. Secondo la consigliera nazionale ecologista è importante mettere un punto finale a oltre dieci anni di polemiche e discussioni, fermo restando che rimangono ancora problemi sul tappeto - liste nere e accesso ai mercati finanziari - da risolvere come prevede la road map siglata tra i due Stati nel 2015. Non dimentichiamo, ha inoltre sottolineato, che siamo stati noi a chiedere di rinegoziare un accordo risalente al 1974 considerato obsoleto dopo l’entrata in vigore della libera circolazione delle persone. Per Bruno Storni, l’intesa non deve essere utilizzata quale merce di scambio per ottenere di più dall’Italia, specie adesso che sono in corso discussioni con Roma sulle liste nere e l’accesso al mercato finanziario della Penisola.

A loro tutto...
Pur non schierandosi apertamente contro l’accordo, Fabio Regazzi (Centro/TI) ha giudicato inaccettabile la presenza della Svizzera sulla lista nera italiana del 1999 riguardante la tassazione delle persone fisiche, dopo il passaggio della Svizzera allo scambio automatico di informazioni fiscali, e criticato l’atteggiamento ondivago e protezionistico dell’Italia. A suo avviso, bisognerebbe cambiare tattica nei negoziati con l’Italia presentando dei pacchetti di proposte, un modo a suo dire per ottenere maggiori concessioni. Sulla falsariga di Regazzi, Marco Romano (Centro/TI) ha difeso la proposta di sospensione di Piero Marchesi, sostenendo che da tutta questa vicenda è stata l’Italia ad uscirne avvantaggiata, poiché ha ottenuto tutto ciò che voleva, mentre la Svizzera non ottiene nulla per quanto riguarda l’accesso ai mercati finanziari per gli operatori elvetici. Il deputato di Mendrisio si è detto deluso per l’esito delle trattative e irritato dall’atteggiamento dilatorio dell’Italia sulle questioni che stanno a cuore al Ticino, la cui piazza finanziaria - come sottolineato anche da Regazzi - ha sofferto negli ultimi anni a causa del rivolgimento nel panorama internazionale (leggi: fine del segreto bancario. n.d.r.). Insomma, basta promesse, per Romano ci vogliono fatti concreti. A suo parere, se Roma non dovesse ratificare l’accordo entro la fine del 2022, l’intesa del 1974 andrebbe disdetta e quello nuova dovrebbe entrare immediatamente in vigore.

Per Maurer l’accordo porta vantaggi evidenti
Prima di passare al voto, il ministro delle finanze Ueli Maurer ha giudicato che l’accordo porti vantaggi evidenti ai cantoni interessati, in primis al Ticino, specie per la maggiori entrate fiscali e l’effetto antidumping dell’intesa dovuta alla maggiore imposizione dei frontalieri i quali non sarebbero più tassati in Svizzera alla fonte come adesso, ma in Italia, dove le aliquote sono più elevate. Il mercato del lavoro ticinese dovrebbe insomma diventare meno attrattivo. In merito al periodo di transizione di dieci anni, criticato da Romano e che dovrebbe segnare il passaggio dal vecchio al nuovo sistema di imposizione, Maurer ha risposto dicendo di comprendere le critiche espresse, ma ha sottolineato che si tratta di un tipico compromesso: l’Italia voleva addirittura un periodo più lungo, ha puntualizzato.

Mercati finanziari, tutto in alto mare
Circa le liste nere, stando a Maurer quella tutt’ora esistente è un mero pezzo di carta senza effetto. Ci sono buoni segnali secondo i quali la Svizzera potrebbe venir stralciata, anche se non si sa quando. A proposito dei servizi finanziari transfrontalieri, secondo Maurer non si vede ancora la luce alla fine del tunnel, dal momento che su questo aspetto Roma preferisce attendere le decisioni dell’Ue. Il ministro delle finanze ha reso attento l’uditorio sul fatto che un’intesa simile esiste al momento solo con la Germania e con nessun altro paese Ue. Insomma, su questo aspetto è meglio non farsi soverchie illusioni, a parere del ministro zurighese democentrista. Anche per Maurer, una sospensione dell’accordo con l’Italia sarebbe un segnale negativo nei confronti di un partner col quale si è riusciti a riannodare il dialogo dopo anni su problemi di natura fiscale. Meglio insomma questo accordo che nulla, ha messo in guardia il consigliere federale.

L’accordo
Stando a Ueli Maurer, l’iter di ratifica in Italia potrebbe concludersi alle fine di questo mese, dal momento che non vi sono opposizioni. Nel dicembre scorso il Consiglio dei ministri italiano ha dato il via libera alla ratifica ed esecuzione dell’Accordo tra la Repubblica italiana e la Confederazione relativo all’imposizione dei lavoratori frontalieri e del Protocollo che modifica la Convenzione bilaterale per evitare le doppie imposizioni e per regolare talune altre questioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio. Grazie a questa intesa - alla cui negoziazione hanno partecipato anche le autorità ticinesi, grigionesi e vallesane nonché le organizzazioni sindacali e l’Associazione Comuni italiani di frontiera - la Svizzera tratterrà l’80% (oggi poco più del 60%) dell’imposta alla fonte ordinaria prelevata sul reddito dei nuovi frontalieri che lavoreranno sul suo territorio. I nuovi lavoratori frontalieri saranno tassati in via ordinaria anche in Italia. La doppia imposizione verrà eliminata. Sono considerati nuovi lavoratori frontalieri le persone che fanno il loro ingresso nel mercato del lavoro transfrontaliero dopo l’entrata in vigore del nuovo Accordo.

Un regime transitorio
Alle persone che lavorano o hanno lavorato nei Cantoni Ticino, Grigioni e Vallese tra il 31 dicembre 2018 e la data di entrata in vigore del testo - detti frontalieri attuali - si applica un regime transitorio. Questa categoria di lavoratori continuerà infatti ad essere tassata esclusivamente in Svizzera, la quale verserà ai Comuni italiani di confine fino all’anno fiscale 2033 una compensazione finanziaria del 40% dell’imposta alla fonte prelevata nella Confederazione. Sempre secondo l’accordo, in futuro il “lavoratore frontaliere” includerà coloro che risiedono entro 20 chilometri dalla frontiera e che, in linea di massima, rientrano ogni giorno al loro domicilio. Tale nuova definizione si applica a tutti i frontalieri (nuovi e attuali) a partire dall’entrata in vigore dell’accordo.

I cantieri aperti
In merito ai servizi finanziari transfrontalieri, dopo la firma della Road Map nel 2015 hanno avuto luogo diversi colloqui e incontri bilaterali sul tema dell’accesso da parte delle banche al mercato transfrontaliero. Nel 2018, l’Italia ha deciso di introdurre l’obbligo di stabilire una succursale seguendo le direttive europee al riguardo. Di conseguenza, qualora intendano prestare attivamente servizi a clienti privati in Italia, le banche svizzere devono stabilire una succursale nella penisola e sottoporla ad autorizzazione. La Svizzera ha già richiamato l’attenzione di Roma sul fatto che tale obbligo è d’ostacolo a un potenziale miglioramento dell’accesso al mercato transfrontaliero. Il settore bancario elvetico ha proposto di concludere un accordo bilaterale con Roma per permettere l’attività di gestione patrimoniale transfrontaliera con clienti privati senza obbligo di succursale. Un accordo sull’accesso al mercato come quello proposto sarebbe in linea di principio compatibile con il pertinente diritto UE, secondo la Confederazione.

Romano: “La Svizzera ha fatto i compiti, l’Italia...”
“La Svizzera ha fatto in maniera diligente i suoi compiti”, ha enfatizzato Marco Romano, consigliere nazionale PPD, intervenuto durante il Tg di Ticinonews. “Sull’asse italiano si sta ancora tergiversando. Non abbiamo ancora nessuna indicazione: quello che mi urta parecchio è che ci sono 10 anni di transizione prima che il sistema cambi realmente”.

Sindacati soddisfatti
Il nuovo accordo, seppur imperfetto, soddisfata sostanzialmente anche i sindacati. “Nel complesso, come OCST, siamo soddisfatti”, commenta il sindacalista Andrea Puglia, raggiunto dai colleghi di Ticinonews. “Avrà il merito di incentivare i frontalieri di domani a trasferirsi in Svizzera e produrre un gettito maggiore, per non pagare nuove tasse in Italia. Inoltre avrà un effetto in rialzo sugli stipendi dei nuovi frontalieri. Il dumping salariale tuttavia non si combatterà con misure di natura fiscale, ma di tipo contrattuale. Inoltre è un accordo che nel breve termine produrrà dei guadagni per il Cantone”.

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