Malgrado le numerose risorse a disposizione, la lotta contro l'aids in Svizzera incontra ancora "ostacoli significativi": è quanto sostiene la professoressa Alexandra Calmy, responsabile dell'unità HIV/aids degli Ospedali universitari di Ginevra (HUG) che si è espressa oggi sul quotidiano friburghese La Liberté dopo la pubblicazione questa settimana di cifre incoraggianti. "Possiamo essere orgogliosi dei progressi compiuti", dichiara Calmy, membro dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e della International AIDS Society. "Ma è fondamentale continuare nei nostri sforzi", sottolinea.
Progressi, ma si può fare di più
A suo avviso il Paese dispone di numerose risorse, il cui utilizzo tuttavia incontra "ancora ostacoli significativi". Lo screening - deplora Calmy - non raggiunge ancora l'insieme della popolazione. L'accesso ai trattamenti di prevenzione, "ancora raramente prescritti dai medici di base", rimane limitato, senza dimenticare la stigmatizzazione, "che resta nel 2024 un ostacolo importante a cure pienamente integrate".
Ostacoli anche per un nuovo farmaco
Calmy sottolinea anche gli ostacoli finanziari e normativi all'utilizzo in Svizzera del farmaco antiretrovirale lenacapavir, rivelato quest'anno e la cui efficacia è "innegabile". "Sforzi coordinati", secondo l'infettivologa, sono necessari se si vuole porre fine all'epidemia entro il 2030, obiettivo fissato dall'Oms, dal programma delle Nazioni Unite per la lotta all'aids (UNAIDS) e dal Consiglio federale.
Meno infezioni nel 2023
L'Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) l'anno scorso ha registrato 352 nuovi casi di infezione da virus dell'aids, in calo rispetto ai due anni precedenti. Il numero di casi nel 2023 è stato del 70% inferiore alla media degli anni '90, quando si registrava una media di 1300 nuove infezioni all'anno. Questa tendenza si riscontra in tutto il mondo: l'UNAIDS ha annunciato questa settimana un tasso di infezioni storicamente basso nel 2023. L'agenzia ritiene tuttavia che questo calo sia ancora troppo lento.