Gli accordi appena conclusi fra la Svizzera e l'Ue non andrebbero sottoposti a referendum obbligatorio, poiché non implicano l'adesione della Svizzera a una comunità sopranazionale, come recita l'articolo 140 della Costituzione federale. È quanto pensa - 15 voti a 10 - la Commissione della politica estera del Consiglio nazionale (CPE-N) che ha inviato una lettera in tal senso al Consiglio federale cui spetta una decisione su questo aspetto quando invierà il dossier in consultazione. La maggioranza è giunta a questa conclusione, si legge in una nota diffusa oggi dai servizi del parlamento, dopo aver sentito il direttore dell’Ufficio federale di giustizia (UFG), Michael Schöll, che ha presentato l’analisi giuridica dell’UFG del 27 maggio scorso riguardante il referendum in materia di trattati internazionali nel diritto costituzionale federale. Una minoranza ha ravvisato invece, al termine dell'esame della perizia giuridica, la necessità di un referendum obbligatorio o, perlomeno, di sottoporre la questione a ulteriori studi.
Contrari ai negoziati
Gli avversari del pacchetto negoziato con Bruxelles, uno su tutti l'UDC, fanno pressione affinché gli accordi siano sottoposti a referendum obbligatorio, ossia al giudizio di popolo e Cantoni. Affinché i bilaterali III superino lo scoglio del voto, sarebbe quindi necessaria la doppia maggioranza. Il referendum è obbligatorio qualora l'Assemblea federale decida la revisione totale o parziale della Costituzione federale, l'adesione a un'organizzazione di sicurezza collettiva o a una comunità sopranazionale oppure adotti una legge federale dichiarata urgente e priva di base costituzionale. Tutte le altre leggi federali e atti del parlamento sottostanno a referendum facoltativo previa raccolta di 50 mila firme. In questo caso basta la semplice maggioranza dei votanti per accogliere o silurare un progetto legislativo.