Dall'elezione di Donald Trump negli Stati Uniti, agli sforzi accresciuti sul fronte della difesa, fino alle sfide economiche per Europa e Svizzera: Ticinonews ha intervistato il Consigliere federale Ignazio Cassis a margine del summit sul Mediterraneo e Medio Oriente in corso in questi giorni all'USI di Lugano.
Il successo di Trump ha sorpreso il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE)? Che impatto avrà sul nostro Paese?
"È stata una campagna estremamente attiva, durata tanto tempo. Una vittoria così chiara non se lo aspettava nessuno. Il popolo americano ha fatto la sua scelta. A noi spetta ora di lavorare con gli Usa sotto l'amministrazione Trump. D'altra parte non è la prima volta, lo abbiamo già fatto 4 anni fa, siamo sempre stati in buoni rapporti. Naturalmente questa elezione solleva tanti interrogativi sulla possibilità degli Stati Uniti di riuscire a influenzare le varie guerre nel mondo e di cercare un cammino verso la pace".
Sarà più una sfida o un'opportunità per la Svizzera e l'Europa?
"Come con ogni nuova amministrazione sarà entrambi. Certo che un protezionismo economico, come si avverte, danneggerebbe l'Europa e di riflesso anche la svizzera. Per altri versi, invece, potrebbero esserci dei migliori rapporti bilaterali proprio sul piano economico. È difficile oggi dire se sarà più una sfida o una chance, dipenderà dalle politiche messe in atto".
Ha avuto modo di conoscere personalmente Trump?
"Ho avuto tre incontri diretti con Trump, durante la sua presidenza nel primo termine, quasi sempre presso il Forum economico mondiale a Davos. È un personaggio come lo si vede: ha le idee in chiaro su cosa vuole, è una persona vivace, non ha troppa pazienza nell'ascoltare, ma ha la forza delle decisioni".
Un congelamento della situazione ucraina, cedendo un parte dei territori occupati della Russia in cambio della pace, sarebbe davvero una vittoria per l'Europa?
"Credo non abbia senso fare commenti su ipotesi. La cosa che deve esistere è un accordo tra Russia e Ucraina e i loro alleati. L'accordo che questi due Paesi troveranno andrà bene a tutti".
I conflitti in corso, l'allontamento parziale americano dall'Europa, ha spinto la Svizzera a investire maggiormente sulla propria difesa e aderire allo Sky Shield europeo. Un avvicinamento alla Nato sarebbe auspicabile? Quanto fatto finora basta o serve fare di più?
"È indubbio che sia arrivato il momento in cui l'Europa deve prendere in mano il suo destino anche sul piano militare, non può più essere nello zaino degli Usa in questa alleanza che si chiama Nato. Per la Svizzera il disorso è un altro: la nostra neutralità ci impedisce, e non c'è nessuna intenzione infatti, di avvicinarci o aderire alla Nato. D'altro canto collaboriamo già oggi per le missioni di pace. Su questi temi è fondamentale collaborare, perché alla fine siamo un fazzoletto di terra con attorno soltanto paesi Nato".
In questi anni la politica neutrale svizzera e la sua capacità di mediare vere soluzioni ai conflitti è diminuita?
"Al contrario, credo sia aumentata. Abbiamo ricevuto più richieste rispetto ai 4 anni precedenti proprio perché il mondo ne ha più bisogno, purtroppo. La richiesta di aiuto alla Svizzera non è per nulla diminuita, anzi è aumentata, grazie anche a eventi come quelli del Bürgenstock sulla pace in Ucraina. La Svizzera ha da sempre questa vocazione di mediazione, che in qualche modo sostituisce anche il suo non allineamento militare, la sua neutralità. Se riusciamo a mantenere un buon equilibrio tra queste due cose, continueremo ad aver riconosciuto la nostra neutralità e quindi la nostra pace".