Tracollo di Credit Suisse
Cpi: "Nessun comportamento scorretto delle autorità politiche", ma critiche alla FINMA
© Shutterstock
© Shutterstock
Keystone-ats
19 ore fa
Secondo la Commissione parlamentare d'inchiesta si è comunque evitata una crisi più globale. All'origine delle problematiche "la cattiva gestione di Credit Suisse per molti anni".

La Commissione parlamentare d'inchiesta (CPI) incaricata di far luce sull'acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS, critica la parziale inefficacia delle attività di vigilanza della FINMA. A suo avviso, le autorità hanno però evitato una crisi più globale. In una nota odierna, la CPI ribadisce che all'origine della crisi c'è stata "la cattiva gestione di Credit Suisse per molti anni" da parte dei suoi vertici. La Commissione parlamentare d'inchiesta non ha invece individuato alcun comportamento scorretto delle autorità politiche, che avrebbe causato il naufragio di Credit Suisse nel marzo 2023, ma delle carenze a tutti i livelli. Deplora in particolare gli alleggerimenti in materia di fondi propri accordati dall'Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA). La CPI critica anche il fatto che la legislazione relativa alle banche "too big to fail" (troppo grandi per fallire) sia stata sviluppata in modo esitante e che la circolazione di informazioni tra le autorità non sia sempre stata sufficiente. Per questi motivi, la CPI chiede miglioramenti, formulando 20 raccomandazioni e presentando diversi interventi: propone, in particolare, di inserire la regolamentazione "too big to fail" all'interno di un quadro internazionale, adottando disposizioni più efficaci applicabili alle banche di rilevanza sistemica. Secondo la CPI, occorre pure chiarire le regole per la cooperazione tra le autorità responsabili della stabilità finanziaria in Svizzera.

Rapporto adottato all'unanimità

La Commissione parlamentare d'inchiesta, istituita l'8 giugno 2023, era stata incaricata di indagare sulla gestione da parte delle autorità dell'acquisizione d'emergenza di Credit Suisse da parte di UBS. Le indagini si sono concentrate in particolare sul naufragio della grande banca. Secondo la CPI, il consiglio di amministrazione e la direzione di Credit Suisse nei suoi ultimi anni sono responsabili della perdita di fiducia nella banca e delle difficoltà incontrate, che sono cresciute al punto da mettere a rischio l'esistenza stessa dell'istituto nel marzo 2023. I vertici della banca si sono dimostrati riluttanti ad accettare i numerosi interventi della FINMA. Per quanto riguarda le autorità, la CPI non è stata in grado di trovare alcuna colpa causale nel suo rapporto finale, adottato all'unanimità durante la sua ultima seduta del 17 dicembre 2024. Il documento viene pubblicato oggi, insieme a nove rapporti di verifica commissionati. L'inchiesta della CPI si è concentrata sul Consiglio federale in corpore nonché sul Dipartimento federale delle finanze (DFF) e i suoi uffici competenti, sulla FINMA, sulla Banca nazionale svizzera (BNS), nonché sull'Autorità federale di sorveglianza dei revisori (ASR).

Quattro periodi distinti

La CPI - composta di quattordici membri, sette per ciascuna Camera - ha preso il 2015 come punto di partenza per la sua indagine, distinguendo quattro periodi: il primo va dal 2015 all'estate del 2022, il secondo copre l'autunno del 2022 fino all'inizio di marzo 2023, il terzo include la crisi acuta del 15-19 marzo e il quarto riguarda l'attuazione della fusione. La CPI si è concentrata in particolare sui primi tre periodi. Negli ultimi 18 mesi, sotto la presidenza della consigliera agli Stati Isabelle Chassot (Centro/FR), la CPI - che comprende tre membri di UDC, Centro e PLR, due di PS e Verdi e uno dei Verdi liberali - ha tenuto 45 riunioni, durante le quali ha ascoltato 79 persone e analizzato più di 30'000 pagine di documenti, viene ancora precisato nella nota. La commissione - che disponeva di un budget di cinque milioni di franchi - ha intervistato anche ex titolari di posizioni chiave, dato che era essenziale coprire l'intero periodo oggetto di indagine (dal 2015 al 2023). Ha inoltre interpellato diversi rappresentanti delle banche interessate, nella misura in cui ciò era utile ai fini dell'indagine. Nell'estate e nell'autunno di quest'anno, la commissione ha nuovamente consultato le autorità e i servizi interessati, nonché tutti i membri del Consiglio federale, su varie parti del rapporto. Il governo ha ora la possibilità di elaborare una presa di posizione sulla base del rapporto finale - di oltre 500 pagine - entro la prossima sessione. Il documento verrà esaminato dalle Camere federali nella sessione primaverile del 2025.

Critiche alla "gestione Maurer"

Nella crisi che ha portato al crollo di Credit Suisse, l'ex "ministro" delle finanze Ueli Maurer non esce completamente pulito. La Commissione parlamentare d'inchiesta (CPI) critica la sua comunicazione al Consiglio federale. Le prime informazioni sommarie sono giunte al governo nell'agosto 2022. In seguito ai deflussi di capitale dell'autunno, l'ex capo del Dipartimento federale delle finanze (DFF) ha dato indicazioni all'esecutivo una seconda volta sui problemi di liquidità della banca. Alla fine di ottobre 2022, le comunicazioni sono state ancora una volta sommarie, osserva la CPI. Maurer ha informato dettagliatamente il governo sulla situazione critica della banca solo all'inizio di novembre, in occasione dell'incontro annuale tra il Consiglio federale e la Banca nazionale svizzera (BNS). Questa comunicazione "lascia molto a desiderare", critica il CPI nel suo rapporto. Inoltre, l'ex capo del DFF e l'allora presidente della direzione della BNS Thomas Jordan hanno avviato incontri non istituzionali con il presidente del consiglio di amministrazione di Credit Suisse Axel Lehmann alla fine di ottobre 2022. Il contenuto di questi incontri è in gran parte sconosciuto. Il loro scopo era quello di far progredire la ricerca di una soluzione con Credit Suisse. Secondo la CPI, però, questi incontri sono stati poco utili in termini di gestione della crisi. La circolazione di informazioni non è stata garantita. La Commissione parlamentare d'inchiesta ritiene inoltre inopportuni i commenti positivi espressi in dicembre da Jordan e Maurer nei confronti di Credit Suisse, pur essendo a conoscenza della situazione critica della banca.

Ueli Maurer non si esprime

L'ex capo del Dipartimento federale delle finanze (DFF) Ueli Maurer non commenta per il momento il rapporto pubblicato oggi dalla Commissione parlamentare d'inchiesta (CPI) sulla crisi di Credit Suisse. Il 74enne vuole prima esaminare personalmente il documento, ha indicato oggi l'UDC, il suo partito, contattato da Keystone-ATS. La CPI critica il comportamento del consigliere federale che si è dimesso alla fine del 2022. È incomprensibile che Maurer abbia informato l'intero Consiglio federale solo verbalmente e si sia astenuto dal fornire documenti scritti, scrive la Commissione.

Passaggio di testimone

Il passaggio di testimone alla guida del dipartimento non è avvenuto senza intoppi: non c'è stato un vero e proprio passaggio di consegne. Maurer e Karin Keller-Sutter si sono incontrati il 19 dicembre. La futura responsabile del DFF ha ricevuto brevi aggiornamenti orali sulla situazione di Credit Suisse, definita stabile. Poco prima di Natale e a cavallo delle festività, i due consiglieri federali si sono sentiti telefonicamente. Il consigliere federale uscente ha ribadito che la situazione era stabile, mentre Credit Suisse aveva annunciato di essere in difficoltà durante il periodo festivo. "Secondo la CPI, l'ex capo del DFF ha chiaramente sottovalutato l'importanza di preparare per tempo il suo successore a un dossier ad alto rischio", si legge nel rapporto. Dal suo arrivo alla guida del Dipartimento federale delle finanze, Keller-Sutter ha tenuto informato un po' più spesso il Consiglio federale sulla situazione della grande banca.