
Quella che entrerà nella storia come una delle giornate più buie nella storia di Credit Suisse comincia con una frase. “Non compreremo nuove azioni di Credit Suisse perché, altrimenti, andremmo oltre il 10%: è un problema di regolamentazione”. È quanto dichiarato a Reuters dal presidente della Saudi National Bank Ammar Al Khudairy, da fine 2022 principale azionista dell'istituto di credito svizzero, con il 9.9% delle azioni.
Gli effetti
Le parole di Al Khudairy hanno avuto un effetto immediato in borsa: pochi minuti prima delle 11.00 il titolo CS è sceso per la prima volta nella storia sotto i 2 franchi e da allora il calo si è ampliato ulteriormente. Gli operatori finanziari hanno visto sui loro schermi la curva puntare sempre più in basso, anche perché, contrariamente ad altri mercati, quello elvetico non prevede sospensioni per eccesso di ribasso: il -10% è quindi diventato -15%, poi -20% e alle 14.30 si è giunti al -30%, con l'azione scambiata a 1,55 franchi. Solo a quel punto il titolo si è un po' risollevato: alle 16.30 la flessione era del 17% a 1,85 franchi.
I vertici dell’istituto
I vertici dell'istituto hanno tentato di ridimensionare. "La banca è molto forte", si è affrettato a sostenere il CEO Ulrich Koerner. "Soddisfiamo e superiamo praticamente tutti i requisiti normativi". A domanda diretta della CNBC questa mattina il presidente Axel Lehmann ha tuttavia rifiutato di commentare se la banca avrà bisogno di qualsiasi tipo di assistenza governativa in futuro.
Too big to fail?
La mente corre subito al caso Ubs del 2008. Essere "too big to fail” (troppo grande per fallire) a quanto pare non mette al riparo dall'andarci quantomeno vicino al fallimento: sull’arco di un anno Credit Suisse ha perso il 75% del suo valore ed è nel pieno di un complesso piano di rimodellamento dalla cui scure sono passati i bonus di tutta la direzione dopo la pubblicazione del bilancio annuale del 2022, che segna una perdita di oltre 7 miliardi.
Tremano le borse europee
Se dalla FINMA, l'autorità elvetica di vigilanza dei mercati finanziari, in giornata non è stato proferito verbo, lo scossone Credit Suisse ha fatto tremare le principali borse europee e americane, ancora febbricitanti dopo il fallimento della Silicon Valley Bank. I listini del Vecchio Continente hanno mandato in fumo 355 miliardi di euro in termini di capitalizzazione. Tra i singoli listini Francoforte ha perso il 3,27% (Dax a 14'735 punti), Londra il 3,83% (Ftse 100 7344 punti) e Parigi il 3,58% (Cac 40 a 6885 punti). Anche gli altri valori bancari hanno assunto posizioni di caduta libera. In Svizzera UBS ha visto volatilizzarsi il 7%, mentre negli Usa colossi quali Citigroup e Wells Fargo perdevano il 5%.
Per Kiyosaki la prossima banca a fallire potrebbe essere Credit Suisse
Un quadro turbolento, sul quale i soliti oracoli della finanza non hanno lesinato carichi da 90. L'imprenditore americano Robert Kiyosaki, che in tempi non sospetti aveva già previsto il fallimento di Lehman Brothers, in un’intervista ha dichiarato che la prossima banca a seguire la stessa scia sarà Credit Suisse.
L’analisi di Alberto Petruzzella
Per Alberto Petruzzella, presidente dell’Associazione Bancaria Ticinese (ABT), il rischio che Credit Suisse possa fallire non è così concreto. Intervenuto nel Tg di Ticinonews per analizzare la situazione, ha dapprima contestualizzato la situazione attuale: “Sappiamo che è un anno difficilissimo per le borse. Sono estremamente nervose perché non si capisce dove andrà l'inflazione, cosa succederà con la guerra e con lo scenario Cina – USA. Pochi giorni fa poi c’è stato il caso della Silicon Valley Bank, che è stata salvata dalla FED. Questo ha messo il focus sugli istituti finanziari sulle banche. Non so se è il Credit Suisse ad aver fatto crollare tutte le banche. Forse è più giusto dire: tutti i titoli bancari sono scesi tra l’8% e il 10%. Credit Suisse, che attualmente è molto in difficoltà, è quella che ha pagato il prezzo più alto, con un crollo del titolo che è veramente impressionante”.
Quanto è grave la situazione?
Per capire la gravità della situazione, secondo Petruzzella bisogna distinguere due cose: “Una cosa è la quotazione del titolo, che scende in una situazione difficile: nessuno più compra e tutti vendono per la paura di non sapere cosa succede. Un’altra è la solidità della banca. L’istituto ha ancora un capitale proprio importante e ha la liquidità necessaria per far fronte alle difficoltà. Evidentemente si deve stabilizzare. Non può fare continui passi verso il baratro. C'è inoltre una rete di sicurezza. Credit Suisse, come altre quattro banche in Svizzera, è troppo grande per fallire. Se dovesse essere necessario la FED, ma soprattutto la Banca nazionale svizzera, interverrebbero”. E secondo il presidente di ABT la Svizzera non può permettersi che Credit Suisse fallisca. "La banca di per sé è solida, ma se tutti i giorni qualcuno si presenta allo sportello per prelevare, nessuna banca può resistere a lungo termine".