
Lei è una madre di famiglia macedone di 40 anni, lui un 29enne cittadino kosovaro che per un lustro ha vissuto e lavorato illegalmente in Svizzera. La strana coppia aveva deciso di convolare a nozze ma nella vicenda si era 'intromesso' il Tribunale federale (TF), che ha deciso che quel matrimonio non s’ha da fare. O meglio, ormai s’è fatto ma i novelli sposi non potranno vivere insieme sulle rive del lago di Zugo. Il motivo è presto detto: i giudici di Mon Repos hanno deciso in ultima istanza di non concedere al giovane un permesso di dimora in quanto, a detta della Corte, si tratta di un’unione di comodo e non di una storia d’amore di manzoniana memoria.
La donna, beneficiaria di un permesso C, era stata sposata fino a circa nove anni fa e dal 2006 al 2016 lei e le figlie avevano beneficiato di ben 519'331 franchi di aiuti sociali. Nel maggio del 2016 aveva conosciuto a Losanna il suo futuro secondo marito, un allora 26enne cittadino kosovaro che aveva vissuto e lavorato illegalmente in Svizzera per almeno cinque anni. A suo carico era inoltre stato emanato un divieto d’entrata della durata di 3 anni a valido fino a dicembre 2018.
La coppia era convolata a nozze due mesi più tardi, ma l’Ufficio della migrazione non gli aveva concesso un permesso di dimora nell'ambito del ricongiungimento familiare per poter vivere con la moglie. Quest'ultima aveva inutilmente ricorso sia al Consiglio di Stato sia, nel luglio del 2018, al Tribunale cantonale di Zugo.
La sentenza cantonale era stata impugnata davanti al TF ma anche i giudici federali non hanno potuto far altro che concordare con le conclusioni cui era giunta la Corte cantonale. Ovvero che quel matrimonio altro non era che un escamotage per far ottenere al giovane un permesso B. Il TF ha ritenuto sospetta la differenza di età tra i coniugi, il breve tempo trascorso tra il primo incontro e il matrimonio e, soprattutto, il fatto che il marito non compaia tra i ricorrenti. Il ricorso della 40enne è stato quindi respinto.
(Sentenza 2C_782/2018 del 21 gennaio 2019)
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