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Dubbi sull'utilità dell'esercito e sulla conciliabilità fra vita militare e civile. Sono due delle principali ragioni invocate da chi lascia le forze armate per passare al servizio civile. Lo svela un'analisi realizzata dall'Aggruppamento Difesa, di cui oggi il Consiglio federale ha preso nota. Ogni anno circa 11'000 persone lasciano l'esercito prima di aver terminato l'obbligo di servizio. Il 60% di queste passa al servizio civile. Per comprenderne meglio i motivi "e adottare misure efficaci volte a garantire gli effettivi dell'esercito", l'Aggruppamento Difesa, in collaborazione con l'Ufficio federale del servizio civile, ha come detto commissionato uno studio (sotto forma di sondaggio online). Il conflitto di coscienza non è stato oggetto della ricerca.
Lo studio
Dalle risposte è emerso che, rispetto al servizio civile, un impiego nell'esercito è percepito come meno utile. Solo il 48% dei civilisti ritiene infatti che il servizio militare offra attività interessanti. Per oltre tre quarti di loro, la mancanza di utilità percepita è stata un motivo, oltre al conflitto di coscienza, per presentare la domanda di passaggio al servizio civile. Altro aspetto problematico evidenziato: l'85% dei civilisti con esperienza in seno all'esercito percepisce il servizio militare come meno conciliabile con la vita civile. Al contrario, oltre il 90% di chi presta servizio civile ritiene che i propri impieghi siano ben conciliabili con la vita privata. Anche l'obbligo di avanzamento contribuisce alla riduzione dell'attrattiva del servizio militare. Tale motivo è stato indicato come particolarmente importante dalle persone che sono passate al servizio civile durante la scuola reclute. A ciò si aggiunge lo stress psicologico subito durante la scuola reclute, giudicato da taluni troppo elevato. Gli intervistati hanno considerato in parte poco sensati e poco appropriati i contenuti e la metodologia dell'istruzione nell'esercito.