Le misure preventive adottate finora contro i pericoli legati all’amianto sono sufficienti, anche se andrebbe migliorata l’informazione destinata agli artigiani “dilettanti”. È quanto sostiene il Consiglio federale in una risposta ad un’interpellanza di Pierre Alain-Fridez (PS/JU), aggiungendo che dal 2017 al 2020 (stato a fine maggio), la fondazione Fondo per le vittime di questo minerale ha accolto complessivamente 89 domande e ha erogato indennizzi per circa 9,5 milioni di franchi.
Alle vittime il cui mesotelioma - una forma maligna di tumore ai polmoni che insorge anche decenni dopo l’esposizione all’amianto - non è riconosciuto come malattia professionale secondo la Legge federale sugli infortuni sul lavoro è stato riconosciuto in media un indennizzo di 140 mila franchi, a quelle il cui mesotelioma è riconosciuto come malattia professionale sono stati versati in media 50 mila franchi. La fondazione, attiva da tre anni, consente il versamento di risarcimento per quelle persone ammalate non soggette all’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni, ad esempio le mogli dei lavoratori che hanno lavato gli indumenti contaminati dall’amianto.
Per quanto riguarda le richieste di spiegazioni di Fridez circa un aumento dei casi di malattia legati all’amianto (da 120 a 170 casi stimati all’anno dalla Suva, l’Assicurazione contro gli infortuni professionali, con quasi 4 mila decessi entro il 2040), nonostante il divieto di questa sostanza in Svizzera nel 1990, il deputato chiede se non sia necessario fare di più livello di sensibilizzazione. L’esecutivo spiega tale incremento col fatto che le stime iniziali della Suva si basavano sui casi di mesotelioma prospettati dovuti alla fase di prima utilizzazione e di immissione in commercio dell’amianto. Sebbene l’impiego di questa sostanza sia vietato da trent’anni, si deve presumere che anche dopo vi siano state ulteriori esposizioni a questo materiale, ammette il governo. Queste “esposizioni secondarie” dovrebbero essere avvenute soprattutto durante i lavori di trasformazione, ristrutturazione e smaltimento.
Tuttavia, spiega il Consiglio federale, occorre distinguere tra i lavoratori esposti e coloro che entrano in contatto con l’amianto nel tempo libero svolgendo lavori di “bricolage”. Mentre nel settore professionale la sensibilità è elevata e quindi questo materiale viene manipolato con la necessaria prudenza, nel settore del “bricolage” manca la consapevolezza del pericolo di una possibile esposizione all’amianto. Le misure attualmente applicate per proteggere i lavoratori da un’esposizione all’amianto durante i lavori sono sufficienti secondo l’esecutivo. Per gli appassionati del “fai da te” sono pure disponibili varie pubblicazioni del Forum Amianto Svizzera (FACH) e dell’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP). Tuttavia, per questa categoria di persone, il Consiglio federale raccomanda ulteriori misure per una migliore informazione e sensibilizzazione.
Problema sottovalutato
I gravi rischi per la salute causati dalle fibre di amianto, chiamate anche asbesto, sono stati a lungo sottostimati, sia dalla vera o presunta lobby dell’industria del settore, sia dalla Suva. Anche i sindacati hanno tardato a riconoscere il problema. Il motivo? Il lungo periodo di latenza tra l’esposizione alle fibre cancerogene dell’amianto e l’apparizione di patologie, in particolare il mesotelioma pleurico, un tumore dei polmoni. Alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso la coscienza del problema si è fatta più viva e con essa la pressione politica: il primo marzo del 1989 a livello nazionale è entrato in vigore un esteso divieto di uso dell’amianto, con effetto a partire dall’anno successivo (per determinate applicazioni dell’asbesto, con un periodo di transizione fino al 1995). La Svizzera, con alcuni Stati scandinavi, è stata tra i primi a compiere questo passo (l’Ue lo ha fatto nel 2005), anche se per anni la Confederazione ha ospitato il gruppo Eternit, uno dei maggiori produttori di manufatti contenenti amianto.
Una sostanza subdola
Nonostante il divieto dell’amianto nel 1990, il numero di morti per amianto ha continuato ad aumentare. Nella primavera scorsa, la Suva ha previsto un incremento dei casi di mesotelioma da 120 a 170 all’anno. Entro il 2040, prevede un totale di 3900 morti. Finora la Suva ha riconosciuto più di 5100 casi di malattie professionali legate all’amianto. Oggi, 30 anni dopo il divieto, l’amianto è responsabile della metà dei decessi nell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro.
Fondo per risarcimenti si prosciuga
Il numero dei risarcimenti e delle richieste di risarcimento ha raggiunto un picco lo scorso anno. La fondazione rischia di rimanere senza soldi. Dalla sua creazione, a titolo di donazioni, sono stati ricevuti in totale 24 milioni di franchi. Si stima che entro il 2025 ne saranno necessari 100 milioni.
Un materiale universale
Le qualità delle fibre dell’amianto sono state tanto apprezzate che il materiale ha trovato un’infinità di destinazioni. Negli anni Trenta a Hollywood lo si impiegava ad esempio come neve artificiale. In ambiti più vicini alla quotidianità, l’asbesto è stato utilizzato ad esempio nei dentifrici, negli indumenti o nelle scarpe. Ma l’uso più frequente riguarda l’edilizia, poiché entra ad esempio nella composizione degli intonaci e delle colle per piastrelle.
Amianto dappertutto
Il 90% degli edifici costruiti prima del marzo 1990 contiene amianto, secondo l’Associazione svizzera dei consulenti amianto (ASCA). Dal gennaio del 2016, per tutte le costruzioni risalenti ad oltre 30 anni fa, in caso di progetti che richiedono una licenza edilizia, la legge prescrive l’obbligo di dichiarazione, per il committente, della presenza di amianto (e altri possibili inquinanti edilizi).
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