Sono quasi settemila le persone rimaste bloccate all'estero a causa del coronavirus che la Confederazione ha aiutato a rimpatriare per un costo di 10 milioni di franchi. L'80% della fattura verrà addebitato ai viaggiatori. Con il volo di rientro previsto domani dall'India e quello di settimana prossima dall'Africa si conclude la più grande operazione di rimpatrio mai organizzata dalla Svizzera, si legge in una nota odierna del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE), che ha potuto avvalersi del lavoro di consolati e ambasciate. L'attenzione ora si concentrerà però sul sostegno a chi, per varie ragioni, non ha potuto o voluto rientrare nella Confederazione.
Un mese fa il DFAE - in collaborazione con Swiss, Edelweiss e Helvetic - ha lanciato l'operazione di rimpatrio. Il primo volo di recupero è partito il 22 marzo da Zurigo, con destinazione San José (Costa Rica). Da allora, il DFAE, sotto la direzione del Centro di gestione delle Crisi, ha organizzato 35 voli da ogni angolo del globo. Attualmente, 33 voli sono già arrivati e hanno permesso a 6950 persone di fare ritorno a casa. Di queste, 3974 possiedono la cittadinanza svizzera. Gli altri 2976 passeggeri provengono invece da altri Paesi, per due terzi Paesi europei. Circa un terzo dei passeggeri stranieri risiede in Svizzera. Allo stesso tempo, più di 1500 cittadini svizzeri hanno potuto rientrare grazie a voli organizzati da altri Stati.
"Non avremmo potuto realizzare questa operazione con lo stesso successo senza Francia, Germania, Austria e Italia", ha indicato Il capo DFAE, Ignazio Cassis, alla trasmissione "Forum" della RTS, sostenendo di essere globalmente soddisfatto dell'operazione del suo Dipartimento, che si è calato in un ruolo inedito di agenzia viaggi.
Partecipazione ai costiLa Confederazione ha prefinanziato i voli di rimpatrio. I costi sostenuti, pari a circa 10 milioni, saranno fatturati a tutti i beneficiari. Sull'esempio di altri Paesi europei, il DFAE ha deciso in questo senso di optare per un importo forfettario, calcolato in base alla distanza percorsa. Si va da 400 franchi a persona per le tratte brevi fino a 1700 franchi per quelle più lunghe. "Tutti hanno firmato una dichiarazione di consenso", ha dichiarato alla stampa Hans-Peter Lenz, responsabile del Centro di crisi del DFAE. Lo stesso vale per i cittadini svizzeri che vengono rimpatriati con aerei organizzati da altri Stati, i quali riceveranno una fattura. Nonostante tutti gli sforzi, non tutti potranno essere rimpatriati.
Ancora persone bloccateNonostante gli sforzi intrapresi, non sarà possibile rimpatriare tutti i viaggiatori. Secondo i dati forniti dalle ambasciate, al momento vi sarebbero ancora alcune centinaia di persone che vorrebbero rientrare. A loro, così come agli svizzeri residenti all'estero confrontati a situazioni di emergenza, le ambasciate e i consolati elvetici possono offrire protezione consolare, tra cui anche un sostegno finanziario sotto forma di prestiti di emergenza. Il Dipartimento esaminerà i casi che gli verranno sottoposti. Il Dipartimento sta infatti entrando nella terza fase dell'operazione, ovvero la gestione dei contatti con chi non voleva o non poteva tornare. "Si stima che ci siano ancora un centinaio di svizzeri all'estero", ha precisato Cassis alla RTS.
Helpline molto sollecitataDal mese scorso, la Helpline ha ricevuto oltre 10 mila telefonate e circa 18 mila email. Si tratta di una cifra record, in così breve tempo. Nei periodi di punta, sono giunte fino a 850 telefonate e mille e-mail al giorno. A titolo di paragone, generalmente la Helpline - un servizio attivo 24 ore su 24, 7 giorni su 7 e che in ogni momento offre assistenza e informazioni a chi si trova all'estero - gestisce circa 50 mila richieste di aiuto in un anno.
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