
La risposta della società civile è arrivata forte e chiara: sono oltre 10mila le firme raccolte in meno di un mese per chiedere al Consiglio federale di ritirare la decisione di vietare le adozioni internazionali. Un'iniziativa partita dal basso che ha trovato rapidamente eco in tutto il Paese. A farsi promotore della petizione è stato il Partito evangelico svizzero, sostenuto su più fronti. Tra questi anche la neonata associazione “Gruppo adozione e famiglie Svizzera”, fondata proprio in risposta al provvedimento del Governo, che ieri si è recata a Berna per la consegna delle firme. "Chiediamo al Consiglio federale di fare un passo indietro, è una decisione che non mette al centro il benessere del bambini", ha sottolineato la presidente Tristana Martinetti.
La politica si muove
La protesta non è rimasta confinata alla piazza. Anche sul fronte politico ci si sta muovendo. Proprio oggi, alla Commissione degli affari giuridici del Consiglio nazionale, il consigliere nazionale del PLR Simone Gianini ha depositato una mozione che chiede al Consiglio federale di rivedere la sua posizione. Il testo è stato accolto quasi all'unanimità, segnale di un malcontento trasversale che attraversa le forze politiche, al di là degli schieramenti. "Bisogna concentrarsi sulla revisione del sistema per evitare gli abusi, non uscirne: il divieto non è la via giusta", ha fatto notare il deputato ticinese.
Famiglie in attesa, uno spiraglio si apre
La decisione del Consiglio federale ha colpito profondamente non solo le famiglie che hanno già adottato un bambino all’estero, ma anche posto nell’incertezza quelle che sono in procinto di farlo. Con la presentazione e la prima accoglienza positiva della mozione in Commissione, però, si apre uno spiraglio. Ora la parola passa al Parlamento, con l’auspicio che venga presto fatta chiarezza su un tema tanto delicato quanto sentito.