UBS dovrà comparire al posto di Credit Suisse nel processo in secondo grado sul riciclaggio di denaro della mafia bulgara, il cui inizio è in agenda per il prossimo 1° ottobre. Il Tribunale penale federale (TPF) ha respinto la richiesta della grande banca di archiviare il caso. UBS sosteneva che l'acquisizione da parte sua di Credit Suisse dovesse avere le stesse conseguenze della morte di una persona fisica. In altre parole, la scomparsa dell'istituto, inglobato appunto dall'ex concorrente, avrebbe dovuto portare all'accantonamento del procedimento penale. In una sentenza pubblicata oggi, la Corte d'appello del TPF respinge però questa interpretazione. Essa sottolinea che le due banche avevano attività simili e che l'accordo di fusione prevede non solo la ripresa del capitale gestito, del personale e dei locali di Credit Suisse, ma anche della sua "posizione in tutti i procedimenti legali, arbitrali e amministrativi".
Il concetto di continuità economica
L'approccio adottato dai giudici di stanza a Bellinzona è conforme a una decisione della giustizia francese avallata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU). È anche in linea con la legislazione di diversi altri Paesi europei, tra cui Italia, Austria, Spagna, Portogallo, Belgio e Germania. La Corte d'appello ha concluso che porre fine all'esistenza di una società con la sua cancellazione dal registro del commercio è inappropriato e troppo formalistico. Il concetto di continuità economica e funzionale risulta più appropriato e andrebbe quindi preferito. La decisione non è definitiva e può essere impugnata davanti al Tribunale federale (TF).
La condanna
In primo grado, alla fine del mese di giugno del 2022, Credit Suisse era stata condannata a pagare una multa di 2 milioni di franchi e un risarcimento di 19 milioni. La banca era stata ritenuta colpevole per aver aiutato l'organizzazione di Evelin Banev, capo di una rete criminale che importava decine di tonnellate di cocaina in Europa, a riciclare parte dei proventi dell'attività.