
La soglia critica viene tracciata sui 9,5 milioni di residenti. Non appena la popolazione svizzera supererà questo livello (oggi siamo a circa 9 milioni) il Consiglio federale e il Parlamento dovranno prendere provvedimenti. Le persone ammesse a titolo provvisorio non potranno più ottenere un permesso di residenza, né la cittadinanza, né qualsiasi altro diritto di soggiorno. Se necessario, bisognerà revocare i trattati internazionali che incoraggiano la crescita demografica, come l’accordo sulla libera circolazione delle persone o il Patto ONU sulla migrazione. È la sintesi, estrema, dell’iniziativa UDC “No a una Svizzera da 10 milioni”, riuscita ormai un anno fa, ma che sta continuando a scuotere la politica. Ieri il Consiglio federale ha chiesto al Parlamento di respingere l’iniziativa, senza alcun controprogetto. Il testo metterebbe a rischio la via bilaterale con l’UE, incrinando lo sviluppo del paese, ha dichiarato Beat Jans, capo del Dipartimento di giustizia e polizia. Sulla stessa scia il PLR svizzero riunito due giorni fa a Berna dove ha lanciato la sua campagna contro l’iniziativa democentrista. Tre le criticità centrali evocate:
1) In questo modo salterebbe la «via bilaterale» creando ulteriore incertezza in un periodo già insicuro.
2) La disdetta degli accordi bilaterali I potrebbe comportare una carenza di lavoratori stranieri.
3) Ci sarebbe il rischio di un'ulteriore migrazione di asilanti: se gli accordi bilaterali dovessero decadere, cadrebbe anche la cooperazione Schengen/Dublino e i 10'000 richiedenti asilo respinti potrebbero presentare la loro domanda in Svizzera.
Marchesi: “Sembra di parlare con l’Ue e non con il Consiglio federale”
Ricordiamo anche che due dei tre scenari elaborati dall’Ufficio federale di statistica prevedono il superamento del decimo milione prima del 2050.Insomma, il tema è complesso. E lo abbiamo approfondito attraverso i pareri di due consiglieri nazionali a confronto. Da un lato Simone Gianini (PLR) e dall’altro Piero Marchesi (UDC), al quale abbiamo subito chiesto cosa risponde al PLR, il quale ha affermato che con l'iniziativa UDC salterebbe la via bilaterale. “Vorrei ricordare che la Svizzera ha tra i suoi importanti partner commerciali gli Stati Uniti d'America e la Cina. Inoltre, abbiamo appena sottoscritto un accordo di libero scambio con l'India, e nessuno di questi accordi prevede che si debba - ad esempio - adottare il diritto europeo in modo automatico, così come il permesso all’immigrazione di questi Paesi nel nostro senza alcun criterio fondato. Dunque mi pare abbastanza evidente che si continui questa retorica, che è assolutamente a favore dell'Unione europea, in modo acritico. Talvolta mi sembra di sentire parlare i rappresentanti dell'Unione europea piuttosto che il nostro Consiglio federale o il PLR, dunque credo che questa sia una retorica del tutto sbagliata”.
Gianini: “Con questa iniziativa decadrebbero gli accordi”
Dal canto suo, il deputato liberale radicale Simone Gianini ha voluto rispondere a tono, ritenendo che l’UDC “vuole che vengano disdetti gli attuali contratti bilaterali. Questa iniziativa, infatti, in tedesco la chiamano ‘Kündigungs Initiative”. Questo significa che se si dovesse arrivare a quei limiti che l’UDC non vuole vengano superati, ecco che iscrive nella Costituzione l'obbligo di disdire l'Accordo di libera circolazione delle persone, e quindi fondamentalmente i bilaterali I e II”. Il PLR sottolinea inoltre che con la disdetta degli accordi bilaterali potrebbe anche esserci una carenza di lavoratori stranieri. “Chi oggi viene nel nostro Paese lo fa nel 38% dei casi per motivi professionali”, risponde Marchesi. “Il 41% viene invece per ricongiungimenti familiari. La restante percentuale riguarda altri motivi che non sono assolutamente legati alla necessità di manodopera. Se abbiamo bisogno di medici allora portiamo medici, ma senza il loro seguito di pazienti, altrimenti non risolveremo mai la situazione. E questo credo sia un tema che va affrontato”. Se così non fosse, prosegue sempre il democentrista, “si dovrà continuare ad accettare il fatto che la popolazione Svizzera continuerà a crescere, ma senza risolvere l'ammanco di manodopera che abbiamo bisogno nel nostro Paese proprio a causa di questo effetto, dove non abbiamo più nessuna selezione dell'immigrazione”.
Via le protezioni Schengen, e poi?
“Purtroppo non importeremo solo chi ci pare”, riprende Gianini. “Se mancano le protezioni di Schengen e Dublino dovremmo far capo a maggiori controlli, rispettivamente avremo molta più immigrazione illegale, e non di chi vuol venire a lavorare in Svizzera. In particolare nel campo sanitario, del turismo e dell'edilizia non possiamo contare soltanto sulle nostre forze interne svizzere”. E si sottolinea poi un'ultima criticità, se gli accordi bilaterali dovessero saltare, cadrebbe anche alla cooperazione Schengen-Dublino e 10’000 richiedenti l'asilo respinti ad oggi potrebbero presentare la loro domanda in Svizzera. Per Marchesi si tratta di un “non-argomento. Evidentemente fa parte di quella retorica in cui si cerca di mettere una Cortina fumogena per cercare già oggi di dire che non bisogna provare questa iniziativa. Vorrei ricordare che se dovessero saltare i bilaterali, e quindi anche l'accordo Schengen-Dublino, potremmo ritornare a presidiare i nostri confini, e quindi a decidere chi entra e chi no nel nostro Paese”. Ma per Gianini il discorso di Marchesi non regge. “Chi ha già fatto tutta la procedura ed è stato respinto da un altro Stato Schengen, quindi europeo, non può più depositare una nuova domanda di asilo in un altro Stato Schengen. Quindi, quando queste persone arrivano in Svizzera non si entra neanche in materia e vengono respinte. Se non facessimo più parte dell’organizzazione Schengen diventeremmo un Eldorado dove depositare la seconda domanda e possibilità di asilo. E sappiamo bene quanto siano lunghe le procedure. Tutto questo sarebbe un perfetto boomerang proprio per quello che non vuole raggiungere l’UDC”.