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Svizzera divisa a un anno dal massacro del 7 ottobre
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2 ore fa
La situazione in Medio Oriente è peggiorata dall'attacco di Hamas lo scorso 7 ottobre e il conflitto ha avuto ripercussioni anche in Svizzera a livello sociale e politico.

A un anno dal sanguinoso attacco terroristico perpetrato da Hamas contro Israele il 7 ottobre e dalla successiva rappresaglia dello Stato ebraico a Gaza e in Libano, sulla questione palestinese e sulla situazione in Medio Oriente la Svizzera appare più che mai divisa. 

L'attacco terroristico

Attorno alle 6:30 del mattino, quel sabato, in seimila, tra terroristi e civili palestinesi, hanno abbattuto la recinzione di confine con la Striscia e hanno assaltato il sud del territorio israeliano con pick-up, furgoni, moto e parapendii, portandosi dietro migliaia di lanciatori di razzi, kalashnikov, pistole, granate e coltelli. L'assalto era pianificato fin nei minimi dettagli, compreso la scelta del giorno, quel 7 ottobre segnava infatti la fine della festa della Simchat Torah e giorno di riposo di Shabbat, oltre che il cinquantesimo anniversario della guerra dello Yom Kippur.

Il massacro al festival musicale

Al festival musicale Nova, vicino al kibbutz di Beeri, più di 350 giovani sono stati massacrati. I primi soccorritori hanno trovato mucchi di cadaveri, donne stuprate e poi bruciate. I morti quel sabato sono stati in tutto 1'200, tra civili e militari, gli ostaggi portati via 250. Novantasei di loro mancano ancora all'appello.

La reazione di Israele

La rappresaglia di Israele non si è fatta attendere e il bilancio, dopo un anno di guerre, è disastroso. Il ministero della sanità di Gaza, gestito da Hamas, ha dichiarato che più di 41'000 persone sono state uccise nella Striscia, in gran parte civili. Secondo la medesima fonte, 96'460 sono state ferite dall'inizio della guerra. Sul fronte nord, in Libano, nel giro di pochi giorni le vittime, in oltre 1'500 attacchi, sono più di 1'000 e centinaia di migliaia di persone sono state costrette ad abbandonare la propria casa.

Cresciuti gli episodi antisemiti in Svizzera

In Svizzera, come in moltissimi Paesi occidentali, l'attacco terroristico del 7 ottobre e il lungo e logorante conflitto che ne è scaturito ha avuto ripercussioni a livello sociale e politico. Nella Confederazione da allora il numero di episodi catalogati come atti antisemiti è cresciuto drasticamente, come rivelano i rapporti stilati dalla Federazione svizzera delle comunità israelite (FSCI) e dalla Fondazione contro il razzismo e l'antisemitismo (GRA).

L'atto antisemita più grave

L'atto più violento è stato registrato il 2 marzo a Zurigo, quando un 15enne radicalizzato ha gravemente ferito con un'arma da taglio un 50enne ebreo ortodosso. Il giovane ha agito in solidarietà con il gruppo terroristico Stato islamico (Isis), rivendicando poi il proprio gesto in un video in cui commentava in arabo l'azione criminale e invocando una "lotta mondiale contro gli ebrei". Secondo la FSCI e la GRA, si tratta del più grave crimine d'odio antisemita compiuto nel Paese negli ultimi due decenni.

Le manifestazioni filopalestinesi

Nel corso degli ultimi mesi si è poi assistito a diverse manifestazioni filopalestinesi, che hanno occupato piazze e atenei, e che hanno coinvolto migliaia di persone e centinaia di studenti in tutta la Svizzera.

La sospensione di 10 milioni di franchi all'UNRWA

Sul fronte politico, il Consiglio federale ha deciso di non versare quest'anno ulteriori 10 milioni di franchi all'Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'occupazione dei profughi palestinesi in Medio Oriente (UNRWA). Mentre da tempo, molti Stati hanno ripreso i finanziamenti. La scelta è stata giustificata dal Governo con la riduzione dei finanziamenti umanitari per il 2024, votata dal Parlamento. Inoltre, il Consiglio nazionale ha accolto una mozione che chiede di interrompere immediatamente il sostegno, mentre gli Stati devono ancora esprimersi a riguardo.

Müller: "Una posizione unilaterale in favore di Israele"

Geri Müller, ex consigliere nazionale argoviese dei Verdi e presidente dell'Associazione Svizzera-Palestina, ha dichiarato all'agenzia di stampa Keystone-ATS che la Confederazione ha assunto fin da subito una posizione unilaterale in favore di Israele, "ignorando numerose zone grigie", come ad esempio le operazioni dell'esercito israeliano. "Berna continua a ripetere che vuole la soluzione dei due Stati, e allo stesso tempo il Parlamento si rifiuta di riconoscere la Palestina", afferma Müller. "Dal 1899 la Svizzera ha chiaramente proclamato la posizione del diritto internazionale, ma sostiene il diritto biblico di Israele", aggiunge. La Confederazione dovrebbe invece "riconoscere i crimini di Israele e interrompere ogni cooperazione, soprattutto in ambito militare", sostiene il 63enne, ricordando che l'Associazione Svizzera-Palestina ha condannato aspramente il massacro perpetrato da Hamas ai danni dello Stato ebraico.

Eichenberger-Walther: "Israele esercita il suo diritto all'autodifesa"

Corina Eichenberger-Walther, a capo dell'Associazione Svizzera-Israele ed ex consigliera nazionale per il PLR, sostiene da canto suo che i recenti sviluppi nella regione mostrano chiaramente come l'Iran stia cercando di annientare Israele, e che la repubblica islamica rappresenta una minaccia a livello globale. "Lo stato ebraico sta esercitando il suo diritto all'autodifesa", afferma. "Hamas è l'aggressore e non Israele. E questo lo si è dimenticato nelle università occupate e durante le manifestazioni nelle piazze a favore della Palestina. Si sono visti ripetuti appelli alla violenza", ammonisce l'ex consigliera nazionale argoviese.

È possibile una tregua?

Alla domanda se una tregua in Medio Oriente sia possibile, Eichenberger-Walther risponde così: "Ripensando a tutte le occasioni in cui credevamo di essere ad un passo dal raggiungere un accordo, ora trovo difficile fare supposizioni. Solo quando le armi taceranno potremo guardare di nuovo al futuro". Per Müller, la pace è sinonimo di uguaglianza. "Israele ha chiaramente deciso di favorire l'apartheid e l'espulsione", afferma. La democrazia non esiste alle condizioni attuali. Per questo sono necessari passi concreti verso un cambiamento duraturo". Müller ha poi voluto ricordare la dichiarazione del Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il quale a suo tempo ha affermato che "abbiamo bisogno di Hamas per impedire la soluzione dei due Stati".

Le organizzazione ebraiche in Svizzera

Ma non tutte le organizzazioni ebraiche in Svizzera sostengono la politica di Israele. Per l'associazione "Jüdische Stimme für Demokratie und Gerechtigkeit in Israel/Palästina" (JVJP, letteralmente "Voce ebraica per la democrazia e la giustizia in Israele/Palestina"), la guerra di rappresaglia sta portando la regione al collasso. Solo una soluzione politica può portare una pace duratura in Medio Oriente, sostiene l'associazione con sede a Zurigo. La JVJP vede un barlume di speranza nella conferenza che organizzerà la Svizzera su mandato dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite per la risoluzione sulla Palestina. La FSCI invece non ha voluto rilasciare commenti e non intende essere citata nel medesimo articolo in cui compaiono le opinioni di Geri Müller, personalità che la federazione reputa vicina ad Hamas.