Due giornate di chiusura e una tantum di 400 franchi per il rincaro. Sono le misure per il carovita decise dal governo ticinese in favore dei dipendenti pubblici. I giorni liberi e pagati concessi dal Cantone sono stati il 2 e il 16 agosto per i dipendenti, mentre per i docenti saranno il 20 dicembre e il 7 gennaio. C'è chi però non concorda con questa decisione, come il collegio dei docenti del Liceo di Bellinzona che ha deciso a maggioranza che quei due giorni la scuola resterà aperta. "Nessuno ha chiesto questi due giorni. Nessuno desiderava questi due giorni. Ciò che noi vogliamo è essenzialmente che il nostro sia riconosciuto come un lavoro dignitoso e che sia come tale retribuito, nel rispetto delle condizioni contrattuali. Anche ammesso (e non concesso, badate bene) che possano esserci delle motivazioni valide per questo mancato rincaro; anche ammettendo che in qualche misura la società tutta debba stringere i denti per uscire da una condizione di estreme ristrettezze (ammesso e non concesso, ripetiamo, perché altre spese, in altri settori, non sembrano giustificare queste scelte), considerare la scuola come qualcosa che può essere semplicemente chiuso per due giorni, come se questo rappresentasse una qualsivoglia soluzione, ci pare sintomo di qualcosa di più grave", si legge nella risoluzione approvata lo scorso 9 ottobre.
Nessun carovita? "Un unicum a livello federale"
"Dalle politiche e dai tagli al servizio pubblico che si sono susseguiti in Ticino negli ultimi mesi, emerge un quadro della politica educativa ticinese tutt’altro che roseo", scrivono ancora i docenti del collegio bellinzonese. "Il mancato riconoscimento del carovita per l’anno 2024 è un unicum a livello federale, e, parimenti, lo è la soluzione proposta, nella forma di un’indennità una tantum di 400 franchi per il solo anno in corso e di due giorni di vacanza supplementari. Queste misure compensative presentano un’efficacia quantomeno dubbia rispetto al problema che si prefiggono di risolvere. In questo contesto, abbiamo ritenuto particolarmente inadeguata l’elargizione di due giorni di vacanza ai dipendenti statali e, quindi, anche al corpo docente. Crediamo che una soluzione del genere sia profondamente problematica, da un lato perché incapace di porre un qualsivoglia rimedio alla perdita salariale, dall’altro perché indice di una concezione del servizio pubblico, e più in particolare della scuola, che svilisce essenzialmente il nostro mestiere. Ci sentiamo di dire che tale questione trascende la non banale –non ci si fraintenda– questione del mancato rincaro".
"Per il Governo l'educazione è un servizio che può essere sospeso"
"Vi è qualcosa nell’idea che si possano semplicemente cancellare per decreto giorni di scuola, che rivela una certa concezione della scuola stessa e delle persone che vi lavorano", si legge nella risoluzione. "Crediamo che una misura di questo genere nasconda l’idea di un servizio che possa essere considerato superfluo, evitabile, forse addirittura eccessivo nelle sue tempistiche (e il tempo, lo sappiamo, è denaro). Crediamo possa implicare l’idea di un personale pigro, ammaliato dall’abbondanza delle vacanze estive, che è contento di lavorare il meno possibile. Crediamo anche che sottintenda un’idea delle e degli studenti come individui che di una decisione del genere non possono far altro che rallegrarsi ciecamente; che meno frequentano la scuola, meglio stanno (nonostante la pandemia ci abbia dimostrato l’esatto contrario). Crediamo, in altri termini, che al di là dei singoli giorni di vacanza, la decisione governativa comunichi un messaggio simbolico piuttosto chiaro, per cui l’educazione è un servizio tra gli altri, che può essere sospeso, per la gioia di coloro che lo forniscono. Educare ed insegnare sono compiti che invece si distinguono dai semplici servizi commerciali: la scuola non è un negozio che può semplicemente rimanere chiuso 'un po’ di più, tanto poi chi ha bisogno recupererà ciò che gli serve'. Pensiamo che il nostro compito sia quello di contribuire attivamente alla creazione di cittadini consapevoli, a rendere la società, per quanto è nelle nostre mani e possibilità, un posto migliore di come lo abbiamo raccolto, per noi e per gli altri".
Cosa significherebbe accettare questi due giorni
Forse, concludono i docenti, "si potrà dire che diamo troppo valore ai simboli, ma crediamo, anzi sappiamo, che la realtà è fondata su strutture di carattere essenzialmente simbolico, che i simboli che ci circondano modellano la nostra visione delle cose e che, infine, le 'visioni delle cose' diventano poi azioni, la theoria si trasforma in prassi, in politica, in Stato. Il mondo simbolico e il mondo concreto sono mondi che si intrecciano e questo caso, con l’unione tra il danno economico e il danno simbolico per la scuola, lo mostra bene. Lasciare che vinca una certa rappresentazione simbolica vuol dire lasciare campo aperto a tutta una serie di pratiche che in essa si muoveranno. Accettare questi giorni di vacanza passivamente vuol dire accettare qualcosa di cui, sia simbolicamente sia concretamente, pagheremo le conseguenze nei prossimi anni". Alla luce di quanto detto," la nostra decisione è di rifiutare il 'dono' governativo, e di tenere aperta la scuola il 20 dicembre 2024 e il 7 gennaio 2025. Proporremo in quei giorni un programma di attività che mantenga il carattere culturale proprio del liceo, in libera collaborazione con gli allievi, difendendo diritti che non sono soltanto i nostri, ma quelli degli studenti e della società tutta".