
In merito alla decisione della BNS di abolire la soglia minima del cambio franco-euro giunge anche il parere di Andrea Terzi, professore di Economia alla Franklin University di Sorengo e ricercatore del Levy Economics Institute al Bard College di New York. Le sue ricerche si sono concentrate principalmente sulle banche centrali, le operazioni monetarie, e gli effetti della politica fiscal e monetaria sui risparmi e la domanda.
“Resta da vedere quali saranno gli effetti a medio e lungo termine sull’economia svizzera. Soprattutto considerando l’altro annuncio della BNS giovedì scorso e cioè l’ulteriore riduzione dei tassi d’interesse da parte, fino a -1.25% (molto più in basso del tasso negativo della BCE di -0.20%) - una mossa con la quale la BNS auspica di evitare un eccessivo apprezzamento del franco.”
I tassi negativi, a suo parere, “ non stimolano l’economia, anzi contribuiscono ad affondarla, non essendo altro che una confisca patrimoniale alle banche, che a loro volta possono in parte trasferirla ai loro clienti.”Recentemente, il professor Terzi ha pubblicato un libro (Salviamo l'Europa dall'austerità, Ed. Vita e Pensiero, 2014) in cui spiega che la somma del denaro in circolazione e dei risparmi in un’economia nazionale può venire solo da tre fonti primarie: prestiti bancari, dall’estero quando un paese esporta, e dalla spesa pubblica. Dunque, “se in seguito a questa mossa la Svizzera ricaverà meno dall’estero, i mancati introiti dovranno essere in qualche modo compensati. Il problema è che con una politica fiscale nazionale orientata al pareggio di bilancio. come peraltro nel resto d’Europa, per compensare l’export perduto ed evitare un calo dei redditi, della produzione e dell’occupazione ci vorrebbe un ulteriore aumento del credito bancario, ma il debito privato in Svizzera è già molto elevato!”.
A suo avviso, la soluzione da adottare sarebbe una alternativa, di cui peraltro già si parla insistentemente in Europa: togliere il freno agli investimenti pubblici. “Se il franco resta caro”, dichiara infatti Andrea Terzi, “diventa sempre più urgente che il Consiglio Federale levi il freno agli investimenti pubblici per non privare le generazioni future dei benefici di un maggior capitale e una più elevata produttività. Solo una politica di questo tipo (oppure il miracolo di un’Eurozona che si metta a crescere) può evitare cali dei redditi, dell’occupazione, o un ulteriore e rischioso aumento del debito privato.”
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