È una nuova impennata quella che negli scorsi giorni ha subìto il carburante nel nostro cantone. Il prezzo è infatti aumentato del 30%, raggiungendo picchi che alle nostre latitudini non si vedevano da gennaio, e alleggerendo di non poco le tasche di chi si è recato a fare rifornimento. “Parliamo di prezzi che sono aumentati di circa 12-15 centesimi”, spiega ai microfoni di Ticinonews l’amministratore delegato di City Carburoil Luca Giampietro. “Ci ritroviamo quindi delle tariffe che vanno da 1.90 a 1.95 per la benzina, e dai 2 ai 2.10 per il diesel”.
Una situazione eterogenea
Il prezzo varia da stazione a stazione e non è facile tracciare una mappa geografica dove individuare i maggiori aumenti o dove è invece possibile risparmiare. È però certo che nelle zone vicino al confine, alcune stazioni di servizio applicano tariffe differenziate per chi paga in euro, con una differenza a volte di 8 centesimi al litro. “Questo aumento è dato sicuramente dal taglio della produzione che i paesi dell’Opec hanno deciso, a fronte anche di un aumento delle richieste negli Stati Uniti. Pare infatti che le scorte negli Usa siano basse”, analizza Giampietro. A questo “si va ad aggiungere il fatto che alcune raffinerie in Europa sono ferme per manutenzione. “Ci ritroviamo dunque con un’offerta che scende e una domanda che sale, e in questo caso il prezzo non può che portarsi a livelli alti”.
Cosa riserverà il futuro
Un aumento dovuto dunque a una congiuntura globale che pesa sulle tasche dei cittadini, ma anche sui benzinai stessi, i quali già lo scorso anno, in particolare nelle zone di confine, erano stati messi in ginocchio e, in alcuni casi, erano stati costretti a chiudere l’attività. Un timore poi mitigato, che ora torna a farsi sentire. “C’è sicuramente preoccupazione. Il settore vivrà nei prossimi anni degli importanti cambiamenti che andranno a ridisegnare completamente la mappa delle stazioni di servizio in Ticino”, prosegue Giampietro. “Secondo me, nel corso dei prossimi 5 anni spariranno almeno il 20-30% degli impianti oggi attivi, e gran parte si troveranno sulla fascia di confine dove, lo sappiamo, il modello di business è andato completamente a cambiare”.
“La politica non ci ha ascoltati”
La situazione complessa ha portato a un calo del volume di vendita del 50%. Diversi i fattori e ad incidere è stata sicuramente la decisione della vicina Penisola di tagliare le accise lo scorso anno. Scelta che il nostro Paese ha invece deciso di non attuare. “Come settore avevamo chiesto una riduzione delle accise anche da noi, giustificata tra l’altro dall’aumento dell’IVA che l’anno scorso ha portato nelle casse della Confederazione oltre 200 milioni in più. Noi chiedevamo di poter utilizzare questo gettito supplementare per ridurre il dazio, ma la politica non ci ha ascoltati e credo non ci ascolterà neanche quest’anno”, conclude Giampietro.