
Dopo l'annuncio del referendum lanciato martedì sera dall'UDC contro la sperimentazione della Scuola che verrà e le bordate del Mattino della Domenica di oggi (secondo cui a fine sperimentazione ci sarebbe stato un "rapporto tarocco", vedi articolo suggerito), il direttore del DECS Manuele Bertoli ha preso posizione sul proprio sito. Il titolo dello scritto del consigliere di Stato socialista è molto eloquente: "Le non ragioni di un referendum".
Vediamo perché: "Usare lo strumento del referendum popolare è legittimo e democratico, ma bisogna spiegarne il perché - ha puntualizzato il direttore del DECS - Per questo, curioso, ho sbirciato tra le carte dei referendisti contro il credito per la sperimentazione del progetto La scuola che verrà per scoprire, non senza stupore, che il titolo del referendum è “No allo smantellamento della scuola pubblica ticinese”."
"Ci vuole una mente ben contorta per sostenere che investire 6.7 milioni in una sperimentazione triennale e poi, qualora la riforma venisse generalizzata, investire 34.5 milioni all’anno in più nella scuola pubblica equivalga a smantellare la scuola pubblica - ha contrattaccato il ministro - Qualche referendum l’ho lanciato o sostenuto anch’io, ma normalmente quando parlavo di smantellamento è perché combattevo contro dei tagli, non contro dei maggiori investimenti. Come direbbe Crozza, non è che aumentando il numero di infermieri e medici negli ospedali si peggiorano le cure. La logica di questa assurdità si commenta da sola".
Secondo il ministro "la valutazione della sperimentazione sarà perfettamente scientifica, come lo sono le valutazioni fatte dai nostri enti universitari". Tale valutazione, ha spiegato, verrà svolta da un ente non ticinese "con criteri e obiettivi scientifici", com’è normale per le università svizzere.
Bertoli ha anche replicato all'affermazione secondo cui "l’86% dei docenti non si è espresso sulla riforma”: "Tutti i docenti della scuola dell’obbligo hanno potuto discutere della riforma nel corso di decine di incontri, hanno potuto partecipare per iscritto alla consultazione, si sono espressi tramite le loro rappresentanze. Molte delle loro osservazioni sono state ascoltate e inserite nel modello sperimentale. Chi invece non si è espresso in nessuna delle due consultazioni organizzate sono UDC e Lega dei ticinesi, da cui provengono diversi promotori. Un po’ imbarazzante criticare chi non si sarebbe espresso dopo aver fatto scena muta per anni".
"Che La scuola che verrà sarebbe “una riforma che spinge le competenze degli allievi al ribasso” è una triste tiritera che gira da 4 anni, sulla quale ho dovuto ripetere più e più volte che si tratta di una menzogna - ha poi ribadito Bertoli - La riforma non spinge affatto le competenze verso il basso, ma dà ai docenti strumenti per essere vicini all’individualità degli allievi, quelli forti e quelli più deboli. Ore con metà classe o doppio docente (mezza giornata a settimana alle scuole dell’infanzia e alle scuole elementari, 6 lezioni settimanali in I media, 8 in II media, 10 in III media e 12 in IV media) e più spazi di collaborazione tra i docenti mediante un nuovo monte ore speciale permettono di gestire le differenze e l’eterogeneità meglio di quel che accade oggi".
Per il direttore del DECS, infine, l'iniziativa parlamentare Morisoli-Pamini "propugnata dal comitato referendario propugna come alternativa agli investimenti combattuti con il referendum" vuole in realtà "introdurre una selezione precoce degli allievi a 10 anni facendo un salto indietro nella modernizzazione della scuola di oltre 40 anni" e soprattutto "vuole trasformare la scuola in azienda, con direttori manager che non vengono dall’insegnamento, e naturalmente vuole denaro pubblico per finanziare le scuole private".
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